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“Questo rapporto indaga i meccanismi aziendali che sostengono il progetto coloniale israeliano di sfollamento e sostituzione dei palestinesi nei territori occupati. Mentre i leader politici e governi si sottraggono ai propri obblighi, troppe entità aziendali hanno tratto profitto dall’economia israeliana di occupazione illegale, apartheid e ora genocidio. La complicità denunciata da questo rapporto è solo la punta dell’iceberg; porvi fine non sarà possibile senza chiamare a rispondere il settore privato, compresi i suoi dirigenti. Il diritto internazionale riconosce diversi gradi di responsabilità, ognuno dei quali richiede esame e accertamento delle responsabilità, in particolare in questo caso, in cui sono in gioco l’autodeterminazione e l’esistenza stessa di un popolo. Questo è un passo necessario per porre fine al genocidio e smantellare il sistema globale che lo ha permesso.” Sintesi ufficiale del “Rapporto della Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967”, presentato da Francesca Albanese alla cinquantanovesima sessione del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, 16 giugno – 11 luglio 2025

“Vorrei esprimere la mia piena solidarietà a Francesca Albanese per l’indegna persecuzione contro di lei. E vorrei anche ricordare a quanti esitano a sostenerla perché non d’accordo su tutte le sue posizioni che se lasciamo passare questa enormità, queste ridicole accuse rivoltele di antisemitismo, di sostegno al terrorismo, di guerra economica contro l’Occidente, domani saranno in pericolo tutte le nostre libertà. Tutti potremo essere accusati di tutto”. (Anna Foa, storica dell’ebraismo e studiosa dell’antisemitismo, il manifesto, 3 luglio).

“Dire la verità, arrivare insieme alla verità, è compiere azione comunista e rivoluzionaria” (A. Gramsci, Democrazia operaia, L’Ordine nuovo, 21 giugno 1919)

Il rapporto che ci impone di scegliere da che parte stare

Nell’epoca dell’informazione istantanea e dell’indifferenza diffusa, il rapporto pubblicato da Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite, è un atto politico potente.

Tradotto integralmente in italiano da Bocche Scucite (1), “Dall’economia di occupazione all’economia di genocidio” non è solo una denuncia delle atrocità in Palestina, ma un manifesto etico.

Francesca Albanese

Un sistema economico che profitta dalla violenza

L’elemento più sconvolgente del rapporto non è solo la descrizione di ciò che accade nei territori palestinesi, ma la mappa delle complicità globali. Albanese smaschera una rete di attori economici—banche, università, industrie belliche, fondi d’investimento—che non solo tollerano, ma traggono profitto dalla sofferenza e dall’oppressione. È una lettura che va ben oltre il Medio Oriente: ci riguarda, perché coinvolge anche istituzioni europee e italiane.

Tra le aziende che guadagnano sul genocidio ovviamente ci sono le israeliane Elbit Systems, Israel Aerospace Industries, l’americana Lockheed Martin ma ce’è pure la nostra Società pubblica Leonardo SpA, direttamente come aziende produttrici di sistemi d’arma.

C’è il Massachusetts Institute of Technology (MIT), c’è la giapponese FANUC Corporation che fornisce macchinari robotici per la produzione di armi.

Ci sono NSO Group spyware, IBM, Hewlett Packard Enterprises e HP Inc., Microsoft, Alphabet Inc (Google) e Amazon.com Inc. (che gestiscono l’archiviazione in cloud e il cloud computing per Israele); C’è Palantir Technology Inc. (IA per la sorveglianza(2)).

C’è Caterpillar Inc. (Macchine e Bulldozer per “demolizioni di massa – tra cui case, moschee e infrastrutture di sostentamento – raid negli ospedali e schiacciare a morte i palestinesi. Nel 2025, Caterpillar si è aggiudicata un ulteriore contratto multimilionario con Israele.(3)).

C’è RADA Electronic Industries, ancora di proprietà di Leonardo.

Ci sono HD Hyundai e la controllata Doosan, Volvo Group (“Dal 2000, i macchinari Volvo sono stati utilizzati per radere al suolo aree palestinesi, tra cui Gerusalemme Est e Masafer Yatta”). Heidelberg Materials AG “attraverso la sua controllata Hanson Israel, ha contribuito al saccheggio di milioni di tonnellate di roccia dolomitica dalla cava di Nahal Raba su terreni confiscati ai villaggi palestinesi in Cisgiordania.“

“La spagnola/basca Construcciones Auxiliar de Ferrocarriles si è unita a un consorzio con una società elencata nella banca dati delle Nazioni Unite per mantenere ed espandere la “Linea Rossa” della metropolitana leggera di Gerusalemme e costruire la nuova “Linea Verde”, in un momento in cui altre società si erano ritirate a causa delle pressioni internazionali. Queste linee comprendono 27 chilometri di nuovi binari e 53 nuove stazioni in Cisgiordania, che collegano le colonie con Gerusalemme Ovest.”

“Il gruppo immobiliare globale Keller Williams Realty LLC, attraverso il suo licenziatario israeliano KW Israel, ha avuto filiali con sede nelle colonie.”

“Chevron Corporation, in consorzio con l’israeliana NewMedEnergy (una sussidiaria del gruppo Delek, quotato nel database delle Nazioni Unite), estrae gas naturale dai giacimenti Leviathan e Tamar, pagando al governo israeliano 453 milioni di dollari in royalties e tasse nel 2023.”

La cinese Bright Dairy & Food Co. Ltd guadagna con il commercio di frutta prodotta nei territori occupati.

La messicana Orbia Advance Corporation, fornisce agrotecnologie di irrigazione; A.P. Moller – Maersk A/S ed altre compagnie marittime trasportano sia prodotti agricoli sia componenti, armi, materie prime. Booking Holdings Inc. e Airbnb, Inc. promuovono il turismo in Israele.

Finanziamenti e investimenti provengono da Blackrock, Allianz PIMCO, Vanguard, Allianz , BNP Paribas, Barclays Bank PLL e AXA, ma anche dal Fondo Pensione Governativo Norvegese Global (GPFG), dalla Caisse de Dépôt et Placement du Québec.

Si tratta di una tale pervasività che azioni di boicottaggio dal basso risultano una fatica di Sisifo, data l’opacità dei sistemi è quasi impossibile per il comune cittadino. Quasi nessuno può, a priori e senza una ricerca infinita, escludere che parte delle proprie sudatissime risorse economiche non contribuisca a finanziare il genocidio di Gaza.

La complicità del sapere

Tra i passaggi più coraggiosi del rapporto c’è la critica alle accademie e ai centri di ricerca che collaborano attivamente allo sviluppo tecnologico-militare israeliano. Questo mette in discussione il ruolo della cultura: può il sapere essere neutrale di fronte all’ingiustizia? Albanese ci ricorda che ogni forma di conoscenza è anche una scelta morale. La sua voce invita le università a prendere posizione, a rifiutare collaborazioni che legittimano l’apartheid.

La giustizia come orizzonte possibile

Il rapporto propone strumenti giuridici concreti: sanzioni mirate, disinvestimenti, embargo delle armi, responsabilità penale delle imprese coinvolte. Rievoca precedenti storici come i processi di Norimberga e la lotta all’apartheid in Sudafrica, per affermare un principio tanto semplice quanto rivoluzionario: l’impunità non può essere la norma. È una visione profondamente progressista, che mette il diritto internazionale al servizio della giustizia sociale.

Per una associazione culturale che si chiama “Parliamo di socialismo”, su queste pagine su cui pubblichiamo i nostri contributi, non può essere una sorpresa il fatto che lo sterminio di Gaza sia sostenuto da solide ragioni di profitto capitalistico.

Chi, come noi, si ispira all’opera di Gramsci (ed alla sua lettura della questione meridionale) non è indifferente alla natura coloniale, imperialista e capitalista dello stato di Israele (come non identificare Israele con quei “paesi tecnicamente sviluppati (…) sebbene come numero di abitanti trascurabili” che dominano “paesi di antica civiltà, disarmati e tecnicamente (militarmente) inferiori”(4)). Le pretese radici socialisteggianti del sionismo delle origini da tempo si sono perse sotto i colpi del suprematismo etnico-identitario e religioso perseguito dai governi israeliani degli ultimi decenni sempre più espressamente (ammesso che tali radici socialiste siano mai esistite o fossero qualcosa di più che una patina su una base nazionalista, perché il socialismo non può prescindere dall’internazionalismo e dal principio di autodeterminazione dei popoli).

Il “rapporto Albanese” ci fornisce però una serie di notizie e dati concreti, oggettivamente raccolti, organizzati e analizzati sugli interessi del capitale nella prosecuzione dello sterminio dei palestinesi, suggerendo, ai nostri occhi, che la soluzione non può che essere di critica radicale ad un modello di sviluppo basato sull’accumulo di capitale e sullo sfruttamento.

Inoltre, lo stesso rapporto, ci pone il problema, come marxisti, di ricollegarci a quella concezione multipolare, a quel quadro di regole internazionali, che dalla fine della seconda guerra mondiale i popoli hanno tentato di imporre anche alle grandi potenze. In quel quadro, ad esempio, il PCI di Enrico Berlinguer (ma anche il PSI) si muoveva come un vero e proprio ministero degli esteri ombra tessendo rapporti con i popoli in lotta contro il colonialismo, sostenendone le lotte, contribuendo al loro riconoscimento internazionale.

Siamo, anche, consapevoli che i rapporti giuridici altro non sono che rapporti di classe cristallizzati in un quadro legislativo, ma rammentiamo, ad esempio, che le nazioni post coloniali hanno sempre visto nell’Assemblea generale dell’ONU una forma di tutela, l’unico luogo in cui potevano porre sul palcoscenico internazionale le loro rivendicazioni.

Non a caso l’attuale ambasciatore israeliano all’ONU ne straccia platealmente la Carta, non a caso l’attuale governo USA si pone in contrapposizione con tutte le organizzazioni internazionali di cooperazione, non a caso l’UE, lungi da riuscire a rappresentare interessi comuni (che non siano meramente commerciali e spesso neanche quelli) dei popoli europei, non ha una posizione definita ed accettabile nei confronti dei conflitti che insanguinano il mondo.

Il rapporto Albanese tenta di recuperare quella aspirazione ad un quadro di regole internazionali, noi da marxisti non possiamo esimerci da esaminarne, sia pure con occhio criticamente attento, i presupposti multilaterali e coglierne i tratti di critica al modello di sviluppo capitalista che emergono da quel quadro tracciato nel rapporto.

Gli attacchi al rapporto, la propaganda sionista e la falsificazione della realtà

Se voi andate a cercare su google “rapporto albanese originale” (per ottenere il testo originale del rapporto) non vi si apre la pagina dell’Onu o del Consiglio per i Diritti Umani ma un sito del governo Israeliano(5) in cui il rapporto viene aspramente criticato e la Albanese viene attaccata personalmente. Chi scrive ha una certa pratica di scritti “controdeduttivi” in ambito legale e l’attacco alla Albanese contenuto in quel documento israeliano verrebbe definito apodittico e non dimostrato in qualsiasi giudizio (per tacere della violenta veemenza).

Ad esempio si sostiene che Albanese abbia ricevuto “finanziamenti occulti” correlati a viaggi ufficiali, quindi per conto ONU, in Australia e Nuova Zelanda. Si fa riferimento ad un rapporto del maggio 2025 di “UN Watch report” fornendo un link.

Peccato che questo link porti ad una pagina inesistente e che, soprattutto, UN Watch sia una organizzazione che ha come scopo “combattere l’antisemitismo e il pregiudizio anti israeliano delle nazioni unite”, insomma non è altro che una organizzazione di lobbing in favore dello stato sionista, che confonde, ancora una volta, l’opposizione alle politiche del governo israeliano con l’antisemitismo, equiparazione contrastata da numerosi e sempre crescenti voci ebraiche nel mondo.

Il governo sionista non è nuovo ad operazioni del genere. Imbarazzanti per faccia tosta e sconvolgenti, rispetto alla realtà, sono i suoi filmati su Youtube, realizzati con l’Intelligenza Artificiale, in cui si vedono Gazawi sorridenti che ritirano quintali di aiuti umanitari distribuiti pacificamente.

Peccato che questi veri e propri falsi si siano scontrati con i filmati reali di spari su civili venuti direttamente dai contractors che distribuiscono gli “aiuti” di Gaza Humanitarian Foundation.

Ma il punto non è questo, non solo almeno. Il punto è che questo sito di propaganda del governo sionista sia il primo sito che ci viene proposto (stessa cosa avviene se si ricerca la stringa “consiglio per i diritti umani onu sito” o “francesca albanese”).

Si tratta di un “link sponsorizzato”, cioè pagato da qualcuno, non sappiamo chi ma è intuibile, tramite Google Ads, ma la scritta di avvertenza è piccolina e il ricercatore non particolarmente attento può essere facilmente tratto in inganno anche perché il link rinvia ad una pagina che, anche graficamente, non fa nulla per evidenziare la propria partigianeria.

La diffamazione verso Albanese si è spinta a far richiedere al governo USA la rimozione della Albanese dal suo ruolo di Consulente del Consiglio dei diritti umani dell’ONU con una vera e propria operazione di censura basata solo sulla propaganda sionista.

Un appello alla coscienza collettiva – che fare?

La conclusione del rapporto è forse la sua parte più potente: “What comes next depends on everyone – Quello che viene dopo, dipende da tutti noi.”

È un invito a mobilitarsi, a scegliere consapevolmente dove investire, con chi collaborare, quali campagne sostenere. È un appello alla solidarietà attiva, che può trasformare la rabbia in proposta, il dolore in lotta, la denuncia in cambiamento.

Globally witnessed atrocities require urgent accountability and justice, which demand diplomatic, economic and legal action against those who have maintained and profited from an economy of occupation turned genocidal. (Le atrocità di cui siamo testimoni a livello globale richiedono un’urgente assunzione di responsabilità e giustizia, che richiede azioni diplomatiche, economiche e legali contro coloro che hanno mantenuto e tratto profitto da un’economia di occupazione divenuta genocida)

Cosa possiamo fare?

Il compagno Yousef Salman(6), durante un recente incontro pubblico, ad analoga domanda ha risposto “continuare a parlare della causa palestinese”.

Adesso che Albanese è sottoposta ad una serie di attacchi sconvolgente noi possiamo solo distribuire e leggere i suoi rapporti, darle quante più platee possibili.

Immaginate cosa significa per una persona normale, una insegnante universitaria di Diritto, cosa significa essere presa di mira da un governo, come quello israeliano, che ha dimostrato, nel corso della sua storia, di non arretrare di fronte a nulla pur di raggiungere i suoi scopi, violando tutte le leggi dei paesi dove i suoi servizi hanno operato, od essere ostracizzata dal Governo USA che ha spesso dimostrato una analoga carenza etica.

Dare al lavoro che svolge nel quadro del mandato ONU, quante più occasioni di giungere, nel silenzio dei media nazionali, direttamente le orecchie dei cittadini è nostro dovere.

Possiamo non arrenderci, possiamo contrastare, sui social e di persona, l’agguerrita e costosa propaganda sionista.

Un esempio è venuto spontaneamente da una collettività sostanzialmente auto convocata che ha efficacemente contrastato la “shitstorm” scatenata su Facebook dai bot e troll sionisti nei confronti della Taverna A Santa Chiara di Napoli e della sua titolare Nives Monda, dopo la provocazione di maggio da parte dei due cittadini israeliani che hanno cercato di farne un esempio di antisemitismo (tentativo frustrato dal fatto che il nostro paese, tra mille difficoltà, è pur sempre uno stato di diritto con l’archiviazione di ogni accusa a Nives Monda).

Possiamo, anche con la guida del rapporto Albanese, tentare (come ho detto non è facile) di boicottare quelle aziende e istituzioni che ricavano utili dalle stragi di palestinesi o dagli insediamenti illegali nella Cisgiordania.

Possiamo continuare a mobilitarci, portare nelle assemblee elettive dove siamo presenti documenti di condanna delle politiche genocidiarie e razziste del governo di Israele. Se lavoriamo per una istituzione universitaria o di ricerca coinvolta in rapporti di collaborazione con il governo di Israele, possiamo denunciare la funzione dual use della collaborazione e la sostanziale complicità con un genocidio.

Possiamo informarci, possiamo votare, scrivere ai nostri rappresentanti istituzionali.

Come insegnava Gramsci, la verità rivoluzionaria non si nasconde: si afferma, si diffonde, si difende. Questo rapporto è uno strumento, ma la trasformazione dipende da noi. È tempo di farlo vivere nei luoghi della lotta.

L’unica cosa che non possiamo fare è arrenderci, se resiste alle pressioni, alle diffamazioni, alle minacce concrete, Francesca Albanese, possiamo farlo anche noi.

Crediti immagine di apertura: PD (CC0) Rawpixel (https://www.rawpixel.com/image/5950438)

Ritratto di Francesca Albanese, Wikimedia Commons, Autore Esquerda.net, CCA Share Alike 2.0, immagine ritagliata

1 Ringraziamo Bocche Scucite, Voci dai territori occupati, sia per la traduzione sia per il consenso alla ripubblicazione. Il rapporto tradotto può essere letto all’indirizzo https://bocchescucite.org/il-rapporto-integrale-tradotto-in-italiano/; è possibile anche scaricarlo in formato PDF. Il rapporto originale, in inglese, può essere scaricato all’indirizzo UNHR https://www.ohchr.org/en/documents/country-reports/ahrc5923-economy-occupation-economy-genocide-report-special-rapporteur.

Sul sito “bocchescucite.org” sono disponibili notizie e molte risorse per chi vuole approfondire il tema della occupazione illegale sionista dei territori palestinesi e le politiche segregazioniste e repressive del governo israeliano.

2 Stupefacente, mi sia consentita la digressione, l’espresso riferimento alle pietre veggenti elfiche del Signore degli Anelli (Palantir). Il povero mite Prof. Tolkien, anarchico cattolico, non viene proprio lasciato in pace dai maniaci del controllo e da neo fascisti vari. Che strano destino.

3 I virgolettati provengono direttamente dal rapporto Albanese.

4 Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica a cura di Valentino Gerratana, Einaudi, Torino 1977, p. 748

5 https://govextra.gov.il/mda/francescaalbanese/un-misconduct-review/?gad_source=1&gad_campaignid=21340511200&gbraid=0AAAAA9xqM_SMvHSW9sV4aNwP98a217ejq&gclid=Cj0KCQjwvajDBhCNARIsAEE29WpoeL5_1fF60V0S0IOJ_xEfXft3ZJulGS3rdSuBeWeOre5XQbx3afAaAn7yEALw_wcB

6 Presidente della comunità palestinese di Roma e Lazio, medico e delegato della Mezza Luna Rossa Palestinese in Italia

Di Roberto Del Fiacco

Libero professionista, consulente tributario, esperto nell'economia dei servizi comunali di raccolta rifiuti. Si illude di essere ancora iscritto al Partito Comunista Italiano e alla Federazione Giovanile Comunista Italiana (quelli veri). E' nato e morirà comunista

Un pensiero su ““DALL’ECONOMIA DI OCCUPAZIONE ALL’ECONOMIA DI GENOCIDIO” – il rapporto della Relatrice Speciale Francesca Albanese come critica al capitalismo”
  1. Subito dopo la pubblicazione di questo contributo, avvenuta l’otto luglio, il Segretario di Stato USA Marco Rubio ha annunciato di aver disposto l’applicazione di sanzioni alla Prof.sa Albanese accusandola di “tentativi illegittimi e vergognosi d’indurre la Corte penale internazionale a prendere provvedimenti contro funzionari e aziende di Stati Uniti e Israele” senza, come al solito, presentare contestazioni specifiche ai fatti riportati nel rapporto. E’ la prima volta che vengono intraprese azioni del genere nei confronti di un singolo funzionario delle Nazioni Unite ed è la prova di come intendono il Diritto Internazionale le grandi potenze, con la stessa spocchia di novelli Marchesi del Grillo. In rete ci sono diverse petizioni per proporre la candidatura della Prof. Albanese al premio Nobel per la pace per l’anno 2026, chi scrive (autore del contributo) ovviamente pensa che sarebbe una risposta adeguata all’arroganza del potere. Una per tutte delle petizioni: https://chng.it/B5n4H4BN4w. Se il link non funzionasse (capita) cercate la petizione “Siamo farfalle!” Premio Nobel per la Pace a Francesca Albanese”. Al momento in cui scrivo questo commento la petizione ha superato le 17.000 firme

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