Sono indubbiamente tempi difficili. Troppe cose si susseguono senza lasciare il tempo di riflettere.
Qualcuno ha detto che essere di destra è più semplice: basta dire “odio gli immigrati”, ad esempio, e il discorso finisce lì. Essere di sinistra è più difficile: perché abituati a interrogarsi, spesso fino a ferirsi; si vogliono capire i perché, quali implicazioni ci siano, cosa si può fare, quali conseguenze derivano.
Anche se doloroso, è proprio in quanto parte della sinistra che dobbiamo continuare a porci domande.
Milano, Pesaro, Taranto, le più recenti. Vicende distanti tra loro, ma accomunate da un tratto: la magistratura interviene dove la politica è assente. Non sarebbe il suo compito, ovviamente. Ma ciò non significa che, laddove si ravvisi un illecito che mette in discussione i “modelli” di riferimento, la magistratura debba astenersi.
E non dovrebbe essere così. Quando la giustizia supplisce all’assenza della progettazione politica, qualcosa si è inceppato nel meccanismo democratico.
In un momento in cui il ruolo della magistratura è sotto attacco da una destra desiderosa di sottomettere il potere giudiziario, è davvero utile insinuare il sospetto di un’invasione di campo?
Oppure contribuisce solo a delegittimarne il ruolo, al di là delle dichiarazioni di fiducia rituali?
Le indagini non sembrano partire da ipotesi fantasiose. A Milano emergono documenti e comportamenti che gettano ombre sull’attività amministrativa, arrecando danno alla collettività. A Pesaro, non si contesta la legittima ricerca del consenso da parte del sindaco: si indaga se questa sia stata perseguita con metodi leciti, ovvero attraverso la costituzione di società ad hoc con amici e conoscenti, cui affidare, senza gara pubblica, opere ed eventi. Non è la ricerca del consenso a essere sotto indagine, ma il metodo con cui si è perseguita.
Si è in presenza di reati? Spetta alla magistratura stabilirlo, non alla politica. Certo, dovranno provarli. Ma la politica, anche al di là dell’evidenza legale, resta responsabile delle proprie scelte. E questo è un piano diverso.
Per questo, esprimere solidarietà incondizionata al sindaco Sala in un’inchiesta per presunta mala- amministrazione non significa solo avere fiducia nella sua attività, ma implica la condivisione del “modello”. E rende ipocrita la discussione sull’“occasione per ripensare la città”.
Siamo certi che, sul piano politico, vi siano state riflessioni profonde sui progetti di città, su cosa si intenda per sviluppo, su cosa si privilegi: affari o comunità? O è stata la magistratura a costringere, in qualche modo, ad avviare la riflessione?
Il caso Taranto, con il sindaco dimissionario a un mese dall’elezione, è emblematico. Possibile che non sapesse che uno dei principali temi fosse la questione ILVA? Che, pur candidandosi, non avesse un’idea da proporre? Che scopra improvvisamente un disagio tanto diffuso da provocarne le dimissioni? Possibile che il suo partito, la sua coalizione, non avesse uno straccio di proposta, da illustrare, e difendere, a chi manifesta? E siamo certi che l’avrà il prossimo candidato, il prossimo sindaco?
Anche la questione ILVA, lo ricordiamo, emerse non perché la politica se ne fece carico, ma grazie all’intervento della magistratura, che chiuse i forni e rese mediatica la bomba ambientale e sanitaria che gravava sulla città.
Ma anche qui si tratta di un problema politico, non giudiziario.
Non è un’invasione di campo, ma la prova della rinuncia della politica alla progettazione. O, peggio, della sua responsabilità diretta, se verrà dimostrata.
Per affrontare tutto ciò, ci sarebbe bisogno di un soggetto politico capace, con idee chiare. Esiste questo soggetto? Che si chiami PD, centrosinistra, campo largo?
E qui mi rendo conto del compito arduo che grava sulle spalle di Elly Schlein.
La segretaria ha davanti a sé un compito titanico: guidare un partito attraversato da posizioni inconciliabili, tra chi firma i referendum contro il Jobs Act e chi lo rivendica, tra chi vota a favore del riarmo e chi si astiene o vota contro, tra chi chiede sanzioni verso Israele e chi definisce questo antisemitismo.
Eppure, l’attuale segreteria è nata con la promessa di rompere con le ambiguità del passato, di rifondare il partito.
Avrà voglia, intenzione, forza, capacità, coraggio, coerenza, per provare a mantenere quanto promesso? E’ il PD in grado di farlo?
Riflettere su tutto questo è difficile, ma necessario. Senza affrontare queste contraddizioni, non si potrà affrontare il resto. E ci saranno altre Milano, Pesaro, Taranto.
Resta, ancora una volta, l’urgenza di definire chiaramente la propria identità, natura, ruolo e obiettivi.
Bisogna essere onesti: il PD non è l’erede del PCI. Lo sono molti elettori, molte sedi, molti militanti.
Il PD ha attraversato tre evoluzioni: PDS, DS e infine PD. Ma non si è mai davvero definito, passando dal fare i conti con l’esperienza storica del Comunismo, e attraversando il partito liquido, oscillando tra Bersani e Renzi, tra Zingaretti e Franceschini e oggi Schlein.
Qual è la sua classe dirigente erede? Renzi, Letta, Franceschini, Gentiloni, Boccia: sono gli eredi del PCI? Persino la Schlein è successiva. Certo, Zingaretti, ma si dimise per vergogna e ora siede a Strasburgo. Certo, Bersani, che uscì per fondare Art1 e rientrò senza volere più assumere ruoli. Si, Bonaccini e De Luca. Ma è davvero questa l’eredità migliore del PCI, che fa pensare al PD quale erede di quell’esperienza?
Bisogna sciogliere questi nodi, per quanto arduo. Perché l’Italia ha bisogno disperato di una sinistra forte, chiara, capace di pensiero e azione.
Schlein ha vinto le primarie aperte, non quelle interne al partito. Questo significa qualcosa. Il cambiamento è difficile, soprattutto quando non si ha dietro, e in parte contro, il proprio partito.
Tuttavia la Segretaria deve iniziare a mantenere le promesse fatte. E delle convulsioni partenopee, dove si vedono solo le lotte interne, o delle vicende calabresi, dove volano stracci? Se ne parlerà prima o poi? Cosa si proporrà alle prossime elezioni? Un’altra alleanza, ‘di sinistra, ecologista, femminista, antifascista, civica’? Lasciando tutti i temi sospesi nell’ambiguita’?
E questo non vuole essere un attacco sterile a chi non riesce a fare scelte nette e decise, ma un invito sincero alla riflessione e all’azione. Perché la sinistra è la mia casa, perché “volevo la luna” e perché, come il Sarto di Ulm, aspiro a volare.
Infine perché il mondo, e il nostro Paese, hanno drammaticamente bisogno di Sinistra.
Immagine di copertina: Elly Schlein, 2015, Bologna pride, Crediti:
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