Spesso, nel dibattito politico corrente, del quale mi entusiasmo come stessi guardando il comodino in camera mia, si sente parlare di destra e di sinistra. Qualcuno parla, in maniera molto audace e infantile, della fine delle due “ali” e il risultato è che in Italia la destra spadroneggia, senza nessuna alternativa credibile. Qualcuno parla di sinistra, così genericamente e avventatamente, che nessuno capisce più cosa voglia dire: alcuni lo fanno, riproponendo vecchi schemi e usando un linguaggio che dai cinquantenni in giù nessuno capisce; altri lo fanno continuando, sia tra gli amici che tra i nemici, a definire con questo nobile appellativo, un partito come il Pd che nelle ultime decadi, è visto da tutti come il più legato ai peggiori poteri economico-finanziari del mondo.

Quindi se oggi sei di sinistra, sei un misto tra una specie in tutela al WWF oppure la sintesi perfetta per mettere d’accordo un insegnante, un giovane precario, ma anche un pensionato, e tutti coloro che se la passano alquanto male nell’organizzare un coro polifonico per mandarti affanculo!!

Secondo me e secondo quelli che si riuniscono sotto le insegne di questa bella Associazione, la sinistra va ricostruita, con la serietà e l’impegno di una volta, ma con l’analisi e l’applicazione sulle nuove domande che nascono dal mondo attuale. Siamo stanchi di scegliere alle elezioni il meno peggio o quale sia tra i presunti leader quello che più ci si avvicina. Vorremmo rovesciare la situazione: partire dalle nostre idee e dai nostri bisogni per costruire un programma e delle rappresentanze, senza sentire male allo stomaco o alla pancia,  quando ci rechiamo al seggio elettorale.

Per questo bisogna davvero creare una forza che sia davvero alternativa alle destre e alla loro idea di società, non perché ce l’ha ordinato il nostro medico generico, ma perché crediamo che rappresentino storicamente la conservazione, la reazione e gli interessi dei più ricchi e che per questo siano da sempre “forti con i deboli e deboli con i forti”.

Ma questa mia premessa, direte voi a questo punto, cosa c’entra con la “sovranità alimentare”?
Nei giorni scorsi ci sono stati molti commenti divertiti e ilari sul nuovo nome del Ministero delle politiche agricole, agricoltura e sovranità alimentare. Soprattutto sulle ultime due parole, sulle quali vale la pena di spendere, più seriamente, qualche colpetto in più sulla tastiera digitale. Anche in passato, nel marzo del 2009, le destre chiamandosi con l’appellativo di “Popolo della Libertà “, si appropriarono, di due parole storicamente appartenenti al movimento operaio e alla sinistra.

Vedemmo in seguito che le loro politiche anti popolari e di restrizione dei diritti civili e sociali, avevano poco a che fare con il nome che presentavano ai cittadini. Neanche la cosiddetta opposizione, nel corso degli anni seguenti, fece nulla per dimostrare di meritare la riappropriazione di tali nobili vocaboli, seminando con la pedissequa continuazione nello stesso solco arato dalle destre. 

“Le parole sono importanti!”, gridava disperatamente Nanni Moretti, in una delle sue “premonizioni”, nel film Palombella Rossa. 

E i fatti e le azioni seguenti sono ormai patrimonio comune: delle chiare e limpide politiche alternative alla destra, non ci sono state e quei pochi raggi di sole che sono filtrati, sono stati oscurati dal buio delle politiche supine ai grandi potenti del mondo.

Eccoci allora alla “Sovranità alimentare”. 

Nel 1993 a Mons in Belgio nasce un’organizzazione internazionale di agricoltori, Via Campesina, che annovera 182 associazioni di 81 paesi diversi. Nasce dalle lotte contadine per la difesa delle piccole produzioni agricole in contrapposizione ai grandi interessi delle multinazionali che schiacciano i diritti degli agricoltori e che antepongono i loro profitti al rispetto della qualità e dell’ambiente. Molti ricorderanno le grandi lotte in Francia di fine anni ’80, capeggiate da José Bove’, quel personaggio con i baffoni spioventi che affronto’ a muso duro i grandi potenti delle produzioni agricole e alimentari. Ebbene, il movimento “Via Campesina” nasce dall’estendersi nel mondo di quelle sacrosante lotte, Bove’ ne fu il primo portavoce e questa associazione occupò una parte importante di quel Movimento No Global che per tutti gli anni ’90, si oppose alle leggi liberiste del mercato. 

Nel suo manifesto si parla per la prima volta di “sovranita’ alimentare” per garantire: “il diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, ed anche il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo”

Inoltre: “si offre un modo per resuscitare certi diritti e ripoliticizzarli, creando il contesto sociale e politico senza il quale, come vediamo troppo spesso in questo momento di trionfo del neoliberismo, i diritti non diventano altro che la copertura legittimata a un saccheggio internazionale”.

Ecco, per favore, non confondiamo le cose! 

La visione sovranista del governo Meloni non è assolutamente paragonabile a questa definizione di “sovranità alimentare”. Infatti, chi ha creato questo termine persegue: “il diritto e il dovere di ogni popolo di coltivare in maniera libera cibo per alimentare la propria comunità, senza dover sottostare ai diktat dettati dall’agroindustria, dalle ditte sementiere, dalle politiche agricole neoliberiste, dallo strapotere di banche e assicurazioni che si accaparrano i terreni agricoli, dalla cementificazione delle terre ad uso civile con opere inutili o ad uso militare e quanti tentano di imporre il modello agricolo industriale.”(Ari, Associazione Rurale Italiana, nodo italiano di Via Campesina Internazionale). 

Quindi esattamente il contrario, di quello che la destra ha sempre votato sia nel Parlamento italiano che in quello europeo. Per ultimo quello sul Pac (Piano Agricolo Europeo) che tutte le associazioni ambientaliste hanno condannato perché: “il testo approvato avvantaggia le aziende più grandi e più inquinanti, taglia fuori i piccoli agricoltori e non fa nulla per affrontare il terribile impatto dell’agricoltura industriale sull’ambiente e sulla salute delle persone.”

C’è da dire che sono stati in buona compagnia perché, i grandi gruppi parlamentari hanno votato insieme, sì, anche quelli che si auto definiscono alternativi alla destra. 

Una lezione per tutti! Se si vuole essere veramente alternativi, si percorrano strade diverse dalle scelte economiche e agroalimentari che hanno portato allo sconvolgimento eco – ambientale del nostro pianeta. La sinistra sarà utile e necessaria, se saprà prendere in mano la bandiera per un cambiamento radicale del nostro modo di vivere; se sarà in grado di combattere quei grandi interessi che ci hanno portato sull’orlo del precipizio; se saprà offrire strade veramente alternative alle sole leggi del profitto; se saprà riportare al centro della politica la partecipazione e gli interessi delle masse popolari. 

Siamo impegnati con tutti noi stessi in questa battaglia, lasciamo le battute e le ilarità agli stolti che vedono solo il dito e non la luna! 

Un pensiero su “Sovranità alimentare di destra e di sinistra.”
  1. In linea di principio, diffido di tutto ciò che si appella a “sovranità”, “popolo sovrano”, “sovrano”, “sovranismo”, e tutti i derivati.
    Per me sono sinonimi di nazionalismo, di campanilismo becero, di “aiutiamoli a casa loro”, di “questa terra è mia perché ci sono nato”, di “diritto di sangue”… paccottiglia patriottarda.
    Pertanto, mi interessa molto saperne di più su questo tema della “sovranità alimentare”, che nell’accezione di Terra Campesina non sembra affatto appartenere a questa linea ideologica, mentre vuole attuare una seria opposizione alla globalizzazione che ci fa consumare grandi quantità di certi alimenti per mantenere le multinazionali che li producono, spesso a scapito di fette di foresta che vengono abbattute per fare posto alle colture (la produzione dell’olio di palma ha tagliato foreste e tolto habitat, tra gli altri, agli oranghi, oppure la coltivazione della soia, che ormai serve per fare pure le bistecche vegane).
    Le stesse multinazionali che impongono le loro sementi ONG che producono piante dai frutti senza semi, cosicché i coltivatori producono quantitativamente di più, ma sono poi obbligati a riacquistare sementi nuove l’anno successivo.
    Dubito che Terra Campesina sia nei pensieri di chi, in Fratelli d’Italia, ha ipotizzato di costituire questo ministero; la mia idea è che questo qualcuno ha sentito la definizione, gli è piaciuta, e ha pensato di piazzarla per fare bella figura.
    Ma magari mi sbaglio

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