di Fabio Luppino pubblicato su Huffington Post del 15 febbraio 2022

L’ultima eredità negativa della Buona scuola di Renzi

Raccontare di un ragazzo che perde la vita per uno stage da alternanza scuola-lavoro fa male a tutti, alla sua famiglia, riguarda l’intero Paese. E’ il secondo in meno di un mese. La retorica non serve, in questo come in altri casi in cui il dramma provoca fiumi di inutili parole. Serve davvero l’alternanza scuola-lavoro? O è stato ed è un modo per dare una risposta, sbagliata, alle esigenze legittime delle imprese? La politica è incline a guardare con lenti deformate, tardivamente e a prescindere la realtà. La riforma della scuola, legge 107 2015, meglio conosciuta come Buona scuola (e l’aggettivo ha generato e genera tuttora sospetti) è la più odiata dal mondo della scuola. Ed è con questa riforma che si introdusse l’obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro: nel triennio 400 ore di formazione per gli studenti dei tecnici e professionali, 200 ore per quelli dei licei.

Il ragazzo morto ieri, Giuseppe Lenoci, aveva poco più di 16 anni. Questo Paese non riesce ad elevare l’obbligo scolastico oltre i 16 anni, ma alla stessa età decide che due ragazzi possano stare su un furgone o trovarsi sotto una trave d’acciaio. Ma è davvero questo che chiedono le imprese? Quelle più illuminate preferiscono innestare la loro esperienza su ragazzi formati, ma formati davvero, riforniti delle conoscenze e competenze adeguate. Invece di restituire ai tecnici e professionali quello che era stato tolto dalla riforma Gelmini, le ore maggiormente professionalizzanti, i laboratori, quelle di attività pratiche, ma fatte in ambito scolastico, la Buona scuola ha semplicemente aggirato il problema, esternalizzando e obbligando ragazzi tra i 15 e 16 anni a scegliere, come se si potesse scegliere il proprio futuro a quell’età.

La scuola dopo la Buona scuola non è affatto migliorata, anzi. Con questo gravame in più, l’alternanza scuola-lavoro. Vissuto come un orpello inutile nei licei (ci sono corsi anche a pagamento, per chi non lo sapesse), soprattutto nell’ultimo anno di corso e come un male necessario nei tecnici e professionali. Enrico Fermi uscì dal liceo classico Pilo Albertelli prima di guidare i ragazzi di via Panisperna. Invece di aiutarli a cercare una strada, davvero, di aumentare le loro conoscenze, di aprire orizzonti sul mondo, con l’alternanza scuola-lavoro si spinge i ragazzi a finalizzarsi, a sedici anni, una pura idiozia soprattutto dopo due anni di Covid, con gli stessi adulti spesso privati di bussola e certezze su se stessi.

La negazione della scuola. Ci vorrebbe più scuola e invece si portano i ragazzi fuori scuola. Diciamocelo: l’alternanza scuola-lavoro è inutile e andrebbe abolita. Ma ci vorrebbe un pensiero lungo sulla scuola che al momento non c’è.

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