l presidente Mattarella per il 25 aprile è andato a Cuneo per celebrare la Festa della Liberazione. Ha fatto bene. Ha ricordato che quella terra fu insignita di 34 Medaglie d’oro, 174 insigniti di Medaglie d’argento e 228 medaglie di bronzo al valor militare della Resistenza. “La terra – ha detto – dei dodicimila partigiani, dei duemila caduti in combattimento e delle duemilaseicento vittime delle stragi nazifasciste. È qui che la Repubblica celebra oggi le sue radici, celebra la Festa della Liberazione”. 

Infatti Cuneo è stata una terra significativa per larghezza di partecipazione alla lotta partigiana e per il sostegno che le dettero le popolazioni locali, soprattutto contadine e montanare. Non a caso è nel Municipio di Cuneo che si trova l’epigrafe di Piero Calamandrei del 1952 “A ignominia” indirizzata a Kesselring che si conclude con il monito “Ora e sempre Resistenza”.

L’ampiezza della Resistenza riguardava però tutto il Piemonte. Ne era consapevole anche Benito Mussolini. Infatti il 27 giugno del ’44 scrisse al maresciallo Rodolfo Graziani: “L’organizzazione del movimento contro il banditismo a cui avete accennato ieri sera deve avere un carattere che colpisca la psicologia delle popolazioni e sollevi l’entusiasmo nelle nostre file unificate. Dev’essere la Marcia della Repubblica Sociale contro la Vandea. E poiché il centro della Vandea monarchica, reazionaria, bolscevica è il Piemonte, la Marcia, previa adunata a Torino di tutte le forze, deve cominciare dal Piemonte. Deve irradiarsi da Torino in tutte le province, ripulire radicalmente e quindi passare all’Emilia”.

Si era all’indomani della liberazione di Roma da parte degli Alleati angloamericani. La città non era insorta ma la popolazione aveva resistito e non collaborato e i partigiani romani avevano combattuto aspramente nei 271 giorni di occupazione tedesca contro i nazifascisti. Come riconobbe il colonnello nazista Dollmann “Roma è stata la capitale che ci ha dato più filo da torcere”. Mussolini cerca di rianimarsi e di rianimare i fascisti repubblichini per questo scrive quella lettera a Graziani.

Graziani gli rispose con un lungo memorandum in cui elenca i punti di debolezza della Rsi dicendo al “duce” che “praticamente il Governo della Repubblica sociale controlla, e solo fino a un certo punto, la fascia piana a cavaliere del Po; tutto il resto è virtualmente in mano ai cosiddetti ribelli, che riscuotono il consenso di larghi strati della popolazione… Tutta l’organizzazione periferica capillare è andata distrutta. Nei piccolo centri e nelle campagne manca ogni elemento di forza che possa far rispettare ed eseguire gli ordini del governo“. Di quella “Marcia contro la Vandea” non se ne fece niente. Fu solo uno dei tanti velleitarismi di un Mussolini praticamente già morto politicamente. In quell’estate, invece, fiorirono le “repubbliche partigiane”.

Il 2 giugno del ’46 nel referendum istituzionale nella Provincia di Cuneo partigiana e antifascista prevalse nel voto popolare la monarchia. Un’isola, insieme al voto monarchico delle province di Asti, Bergamo e Padova, dentro un centronord dell’Italia fortemente repubblicano. Nelle città di Cuneo, Asti, Bergamo e Padova prevalse, invece, la repubblica.

Questo ci dice che quando si affronta la storia in generale non bisogna mai semplificare. E ci dice pure che la Resistenza fu una cosa complessa e larga, fortemente unitaria nei suoi intenti di liberazione dal nazifascismo e che dentro di sé aveva molte forze che non erano solo comuniste, socialiste o gielliste. Ci furono anche forze e formazioni partigiane cattoliche e “azzurre” di ispirazione monarchica ma fedeli al Clnai. Proprio per questo fu un moto nazionale e la Resistenza una Guerra di Liberazione nazionale e patriottica.

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