This acrylic painting was created on two 24x24 inch canvases to depict war and peace. The artist created the piece to further his abilities with acrylic paint. (U.S. Air Force art by Staff Sgt. Jamal D. Sutter/Released)

A leggere i vari articoli sui quotidiani, all’indomani della manifestazione di piazza del Popolo, sembra che non ci siano alternative alla guerra, anzi si pronuncia e si scrive guerra come se non fosse nulla di grave, una sorta di narcotizzazione che non porta ad una riflessione seria e progettuale su cosa dovrebbe essere l’Europa. Molti si richiamano al Manifesto di Ventotene ma dubito fortemente, sarebbe stato sufficiente leggere il capitolo terzo del Manifesto, che sia stato letto visto le parole d’ordine di chi ha organizzato la manifestazione a piazza del Popolo fermo restando che 50.000 persone non sono poche, ma non sono la maggioranza e soprattutto l’uso del pronome NOI, come se chi non c’era in piazza o non la pensa come chi l’ha indetta non sia per l’Europa o, peggio ancora, sia “pacefinto”. Come quelli che hanno partecipato alla manifestazione di Piazza Barberini, con 10/15.000 persone, totalmente oscurata dalla stampa. In un contesto come quello che stiamo vivendo è d’obbligo avviare un percorso che, se deve vedere L’Europa protagonista, deve condividere e “allargare” un pensiero e una politica estera e soprattutto diplomatica che vada oltre i propri confini. Il riferimento a Gaza mi sembra d’obbligo, ma gli attuali governanti europei non si sono mai degnati di spendere una sola parola. Se l’Europa deve essere protagonista deve scegliere il campo in cui stare, il no alla guerra deve essere chiaro e non vagheggiare ipocritamente di eventuali invasioni russe. Un’ultima considerazione e domanda: e dove si prenderebbero i soldi per questa sicurezza?

Sicuramente dalla sanità, l’istruzione, le politiche contro il dissesto idrogeologico, la lotta alla povertà e il disagio. “Ce lo chiede l’Europa“, con le sanzioni contro la Russia c’è stato un aumento di tutto, portando sempre di più un impoverimento soprattutto delle classi sociali più deboli. Per governare un pianeta con più di 8 miliardi di esseri viventi non servono super potenze e non serve soprattutto un’altra superpotenza, l’Europa, ma un soggetto politico capace di avviare un percorso di pace non solo per fermare la guerra russo – ucraina ma per governare un mondo pieno di guerre. Un’Europa che deve porre fine alle politiche di rapina, di saccheggio, nei confronti dei paesi poveri ma sfortunatamente con materie prime che servono ai paesi più forti. La pace rende forti e soprattutto non servono guerrieri, ma intelligenze e la capacità politica per realizzare e costruire un mondo migliore.

Dobbiamo costruire un grande movimento per la pace senza divisioni e distinzioni.

Un’utopia forse, ma di alternative se non quella di autodistruzione non ne vedo.

Crediti immagine di copertina, Fonte Wikimedia Commons, P.D., Fine Art: War and peace (Honorable Mention), U.S. Air Force art by Staff Sgt. Jamal D. Sutter, This image was released by the United States Air Force with the ID 141202-F-PO994-001,

Un pensiero su “Per la Pace senza se e senza ma”
  1. Il RE-ARM, ormai è chiaro, serve per ridare slancio ad un sistema industriale sofferente.
    Il post-pandemia ha mostrato i livelli critici di povertà e calo degli acquisti che erano ampiamente prevedibili, e previsti; l’attuale sistema economico prevede che le persone continuino ad acquistare i beni prodotti, non si pone il problema di dove esse possano trovare le risorse necessarie e non prevede correttivi per quando i prezzi dei prodotti superano la capacità di spesa di coloro che li producono, che peraltro sono numericamente la maggior parte.
    Lo slancio all’industria bellica serve, come è sempre servito, a mantenere questo assetto industriale, economico e produttivo perdente, ma saldamente in mano a coloro che non vogliono cambiamenti.
    Il megainvestimento previsto per il RE-ARM deve essere realizzato a prezzo di indebitamento, tagli alle spese per i sistemi di di sanità, scuola e sostegno alla popolazione, per rinvigorire un settore, l’industria automobilistica, che è ovunque in crisi.
    Gli appelli alla pace sono indispensabili, perché è necessario togliere giustificazioni ideologiche al sistema economico; la battaglia sulla politica economica e sul lavoro sono altrettanto indispensabili per scardinare i presupposti di funzionamento di tale sistema omicida.

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