Nessuno può a livello etico sottrarsi alla responsabilità col pretesto di essere solo un singolo dal quale non dipende affatto il destino del mondo (György Lukács)

Il 16 maggio, organizzato dalla nostra Associazione insieme all’Associazione Berlinguer e alla Sezione ANPI Difesa Martiri di Cefalonia, si è svolto l’incontro con don Mattia Ferrari per presentare il suo libro Salvato dai migranti. Racconto di uno stile di vita (Presentazione di Papa Francesco, Postfazione di Marco Damilano, EDB, Bologna, 2024).

Mattia ha veramente raccontato, grazie alle sollecitazioni e alle domande delle e degli intervenute/i, il suo stile di vita e quello di quante/i della ONG Mediterranea soccorrono in mare i migranti. Ha raccontato come sia arrivato il momento di ribaltare il senso comune intorno alle storie di queste e questi ultime/i che lasciano la loro terra di origine per approdare, o cercare di approdare, sui nostri lidi alla ricerca di ciò di cui la depredazione capitalista e neoliberista li ha privati nella loro terra. Con loro, sostiene Mattia, questo giovane prete ordinato sacerdote nel 2018, deve stabilirsi un rapporto di interazione e non di integrazione. Integrare vuol dire mettere i migranti nelle condizioni di accettare la cultura del paese che li accoglie mentre interagire vuol dire lasciar loro il loro essere originario e con esso confrontarsi nella reciprocità dell’approccio. Il libro fornisce momenti di riflessione profonda intorno a questa che è la questione da risolvere.

L’esperienza di Mediterranea, e quella di altre ONG, parte, ha ricordato Mattia nei suoi interventi, dai disobbedienti dei centri sociali. E la disobbedienza è uno dei temi intorno a cui ruota il libro. Chi è il disobbediente? Antigone che seppellisce il fratello Polinice nonostante il divieto del re Creonte; lo stesso Gesù è disobbediente in quanto guarisce i malati di sabato ponendosi contro il divieto della legge ebraica. I volontari delle navi delle ONG sono disobbedienti in quanto soccorrono i migranti contro i decreti di governi esplicitamente contrari a ogni forma di immigrazione e, a loro volta, sono i migranti stessi che salvano chi li ha soccorsi in virtù di quel principio di interazione di cui si scriveva poco sopra. Quindi i volontari disobbediscono alla legge ma obbediscono alla loro coscienza.

Quale figura è presente dietro l’azione del disobbediente? Su questo Mattia propone pagine profonde che chi scrive condivide totalmente. Il riferimento è il Vangelo di Luca, specialmente il capitolo 10 nel quale si trova la parabola del buon samaritano. Una persona viene aggredita e lasciata dagli aggressori sulla strada. Passano due religiosi, un sacerdote e un levita, e vanno oltre, non si curano dell’aggredito, ferito e a terra. Se di lui non si curano due religiosi, figuriamoci altri! Passa un samaritano, ossia una persona proveniente dalla Samaria, una terra che non aveva accolto Gesù con favore, quindi il samaritano è uno straniero, un eretico, è uno che non crede in Cristo. Passa avanti alla persona a terra e, scrive Luca, “ne ha compassione”. Qui Mattia introduce l’elemento profondo di riflessione. Nel testo del Vangelo in greco il verbo usato è “splanghnizomai” che, tradotto correttamente, non significa semplicemente “avere, provare compassione” bensì “avere un rivolgimento nelle viscere” dal quale risulta un amore viscerale, quello stesso che scaturisce dalle, scrive Mattia, “viscere della madre che si contorcono davanti al proprio bambino, l’amore nel più profondo del proprio essere”. Il buon samaritano soccorre l’uomo a terra perché gli si contorcono le viscere vedendo tanta sofferenza e “pur non credendo in Gesù, ama come ama Gesù”, chiosa Mattia. Non soltanto soccorre il ferito aggredito dal capitalismo selvaggio del neoliberismo, ma di lui diventa fratello (la presenza evidente della lezione di Papa Francesco in “Fratelli tutti”), ne condivide la sofferenza e contribuisce a fare in modo che anche per lui possa realizzarsi la possibilità della felicità. Pensiamo all’esperienza del migrante che parte e non sa se arriverà; è stato ben scritto che si trova “a mezza parete”. Il soccorso lo fa approdare, la salvezza fa in modo che proprio lui, l’ultimo, il subalterno (che bello vedere citato da Mattia, a proposito dei subalterni, il nostro Gramsci!), colui che vive ai margini della storia, diventi fratello di chi lo accoglie, interagisce salvando chi lo accoglie.

Il libro di Mattia è un invito a combattere tutte le forme di quel “me ne frego”, variante fascista e individualista di ciò che proprio Gramsci diceva dell’indifferenza, che è l’abito di cui si veste il neoliberismo. Ma per combattere questa battaglia c’è bisogno di costruire, più di quanto finora sia stato fatto, una rete di organizzazioni, anche piccole, che si pongano l’obiettivo concreto della interazione con i migranti partendo dalla realizzazione dell’articolo 3 della nostra Costituzione. E questo non è ancora sufficiente: nelle scuole, invece di una versione del fascistico “Dio, patria e famiglia”, dovrebbero essere impartite lezioni di pedagogia della sofferenza affinché i nostri giovani capiscano che significhi attraversare il Mediterraneo correndo il rischio di restare “a mezza parete”; bisognerebbe diffondere il verbo del samaritano che, non credente, si adopera con la sua azione a costruire un senso comune di solidarietà e di fraternità. Intanto valga come esempio l’azione di Mattia e di chi come lui si adopera quotidianamente al soccorso e al salvataggio in mare. Ma chi non agisce in mare, agisca sulla terraferma per diffondere la pedagogia samaritana avendo come motto di riferimento, insieme allo “splanghnizomai”, ciò che scriveva nel 1919 il filosofo marxista Lukács: Nessuno può a livello etico sottrarsi alla responsabilità col pretesto di essere solo un singolo dal quale non dipende affatto il destino del mondo”.

Lelio La Porta

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2 pensiero su “A proposito del libro di don Mattia Ferrari”
  1. aveva già assistito alla presentazione presso la protomoteca e devo dire che il libro e le parole del sacerdote che innalzava la questione con semplice forza di verità, contrastava con la presenza di D’Alema intento a parlare dolo di sé stesso. Nonostante tutto, la coscienza di esserci, di testimoniare, di ribadire, quanto la terra sia di tutti e tutti appartengono a tutti è un compito che ci appartiene. Siamo fratelli perché abbiamo un’origine comune. Quell’origine di sofferenza che si traduce in consapevole fratellanza. Egalité, liberté ma è la fraternité che è stata cancellata da questo sistema mondiale della produzione e distribuzione di denaro anziché di rispetto. Un abbraccio sono un caro amico di Roberto del Fiacco.

  2. Vedere e sentire Don Mattia Ferrari parlare della solidarietà con quei toni , con coraggio, determinazione e senza alcun cedimento al pietismo sotto una grande foto di Enrico Berlinguer e in quel contesto è apparso straordinariamente congruo e coerente. Don Mattia, come si direbbe oggi sui social, uno di noi

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