Mi ha sorpreso l’invito della CGIL alla premier Giorgia Meloni. Inutile che mi si venga a dire che era un atto dovuto invitare il capo del governo. Da sempre la sinistra italiana ha posto una pregiudiziale antifascista, anche perché questo è un valore fondante della Costituzione. E allora cosa avrebbe dovuto fare la CGIL? Avrebbe dovuto invitare il ministro del lavoro non venendo assolutamente meno al confronto democratico, ma dando un segnale forte: nessuna legittimazione democratica a chi non riconosce i valori essenziali della nostra Costituzione.

 Questo perché dovrebbe preoccuparci, il tentativo di ridefinire Fratelli d’Italia come una nuova destra democratica che la Meloni attraverso una rinnovata politica del doppiopetto sta tentando di accreditare in un partito dove permangono sullo sfondo i busti di Mussolini e i fasci littori e in una situazione in cui l’Europa stessa ha già votato, atto gravissimo, quella risoluzione Europea in cui si equipara il nazismo e il fascismo al comunismo (risoluzione votata peraltro, anche dai parlamentari PD e da altri gruppi della sinistra europea, e questo dovrebbe essere motivo di grande preoccupazione).

Se invitare la Meloni al congresso voleva essere un tentativo di dialogare con quella parte del mondo del lavoro che ha spostato il suo voto a destra allora si è trattato di un errore madornale perché quella parte del mondo del lavoro che ha premiato con quel voto la destra si era progressivamente allontanata dalla partecipazione politica e sindacale, imputando proprio al sindacato l’assenza dalle lotte e la mancanza di proposte e di iniziative che avrebbero dovuto garantire condizioni di lavoro e contratti che garantissero stabilità, salari adeguati, età pensionabile e pensioni dignitose. Un sindacato visto troppo spesso come una propaggine burocratica delle istituzioni e dispensatore di privilegi personali ed effettivamente che l’immagine del sindacato si sia offuscata e che anche nella stessa CGIL abbia avuto origine un processo di burocratizzazione con gravi limiti per la democrazia interna è stato un fatto oggettivo. La crisi della capacità di contrattazione del sindacato poi parte da lontano, di certo un momento decisivo fu la sciagurata scelta del 1993 nell’accettare la cancellazione della scala mobile e si è purtroppo dipanata nelle altre scelte che hanno sempre alimentato dubbi e sfiducia sula capacità del sindacato, soprattutto di quella CGIL la cui storia l’aveva vista sempre in prima linea a difendere i diritti e la dignità del lavoro, e rappresentare le reali aspirazioni dei lavoratori. La riforma Dini, le privatizzazioni. Un mondo del lavoro che ha visto sempre più avanzare la precarizzazione, il ricorso al lavoro interinale, fino ad arrivare all’assurdo che proprio un governo di centrosinistra, quello guidato da Renzi, ottenga con la palese debolezza del sindacato, quello che alla Confindustria non era mai riuscita ad ottenere, la cancellazione dell’art 18 dello statuto dei lavoratori, un caposaldo delle lotte operaie. Non fu capace il sindacato, Cgil in testa di resistere a quell’onda che spazzò via anni di lotte e di diritti, perché aveva perso il contatto con i lavoratori erano venuti via via meno concetti come l’unità di tutti i lavoratori, la solidarietà e passarono, con la complicità e purtroppo anche con il protagonismo delle forze che si dicevano di sinistra leggi feroci. Ad esempio, la riforma delle pensioni della Fornero che è molto peggiore di quella riforma che in Francia sta suscitando una mobilitazione generale. Senza dimenticare il jobs-act altra perla del governo Renzi. Certo che anche la frammentazione del mondo del lavoro, il fiorire di innumerevoli tipologie di contratti hanno di fatto portato a perdere potere di contrattazione al sindacato che oggi vede spesso il suo ruolo ridotto quello dell’assistenza legale ai lavoratori, ma è altrettanto vero che bisogna riuscire a produrre una inversione di tendenza a 360 gradi e questo lo si può fare solo e soprattutto con scelte coraggiose, il sindacato deve tornare a parlare dei salari, dell’occupazione del miglioramento contrattuale, della sicurezza sul lavoro e lo deve fare elaborando proposte insieme ai lavoratori rientrando all’interno dei posti di lavoro compito difficilissimo questo ma sicuramente di cui dobbiamo iniziare subito ad occuparci, il mondo del lavoro deve ritornare a vedere il sindacato e la CGIL che del sindacato è la parte preponderante come il punto di riferimento delle lotte delle iniziative per la tutela di tutti i lavoratori.

Proprio mentre scriviamo in Francia divampa lo scontro, la lotta contro le riforme proposte da Macron, forse proprio in questo momento occorrerebbe rilanciare una piattaforma di lotta per i salari, la sicurezza contro il sistema di appalti e subappalti, per cancellare tutti quei contratti a tempo determinato, per fare proposte concrete contro il precariato per combattere contro la piaga del lavoro nero soprattutto al Sud; muoversi come ad esempio la CGIL sta facendo in Toscana accanto ai lavoratori GKN, che continuano a lottare a difendere i posti di lavoro e a fare proposte organiche ad esempio contro la delocalizzazione. Proprio partendo da realtà come questa che va ricreata quella solidarietà tra i lavoratori che in questi anni è mancata e possono essere formulate quelle proposte che rendano i lavoratori protagonisti. Quando si è scelto di scendere in piazza su questioni concrete la piazza ha risposto con una partecipazione straordinaria come sulla pace. Da qui la CGIL deve ripartire, per riconquistare i diritti dilapidati in questi trenta anni di cedimenti alla governabilità, ai sensi di responsabilità e alla “buona politica”. Non serve invitare il premier di un partito nostalgico del fascismo e che ma riconosciuto i valori dell’antifascismo. La Meloni presa la parola al congresso CGIL ha snocciolato tutta la teoria del capitalismo liberista.

Dopo una totale chiusura a qualsiasi forma di aiuto e di tutela, che sia reddito di cittadinanza o salario minimo la premier ha riproposto il vecchio ritornello tanto caro alla Confindustria “Per favorire la crescita occupazionale e per aumentare le retribuzioni, io credo che la base sia far ripartire l’economia, sostenere il sistema produttivo” insomma nulla di nuovo, se ripartirà l’economia qualche briciola in più ci sarà anche per i lavoratori.

Non mi dilungo sulle cose più o meno scontate dette sulla politica fiscale, ma dove astutamente ha sfruttato la tribuna che gli ha messo a disposizione la CGIL è stato quando si è auto-legittimata lei e il suo Partito affermando di fatto la pacificazione nazionale: “Era normale che fosse il Presidente del Consiglio idealmente più lontano dalla platea che ho di fronte a essere qui dopo 27 anni? Io penso di sì. Perché con questa presenza, con questo confronto, con questo dibattito, credo che noi oggi possiamo autenticamente tentare di celebrare l’Unità nazionale”. Infine la perla più bella a giustificare l’assalto stesso alla sede della CGIL rilanciando la tesi degli opposti estremismi: “Noi pensavamo che il tempo della contrapposizione ideologica, feroce, fosse dietro le nostre spalle, invece in questi mesi, purtroppo, a me pare che siano sempre più frequenti i segnali di un ritorno alla violenza politica: lo abbiamo visto con l’inaccettabile assalto da parte di esponenti di estrema destra alla sede della CGIL, lo ritroviamo nelle minacce di movimenti anarchici che si rifanno alle Brigate Rosse.

Non so se la platea della CGIL fosse stata precedentemente istruita a non contestare, a non fischiare, be, se io fossi stato presente lo avrei fatto a costo di essere portato via di peso dalla sala.

Per questi motivi credo e ribadisco che concedere la tribuna del congresso CGIL a Giorgia Meloni sia stato un errore palese. Lei da animale politico astuto (ribadisco astuto, non intelligente come ha detto qualche compagno) ha sciorinato una coerenza che noi sappiamo falsa riproponendo la ricetta Draghi che fino a due anni fa aveva aspramente avversato, dimostrando un trasformismo che ha le radici nelle figure politiche che nel passato del nostro paese ne hanno segnato i tempi più cupi e gli eventi più tristi.

Resta l’amarezza che si sia concessa la tribuna del congresso CGIL per ridare credibilità e legittimità democratica a chi non ha mai rinnegato i suoi legami col fascismo.

Credits: foto di copertina tratta dal filmato integrale pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri
Un pensiero su “La pregiudiziale antifascista”
  1. Sono totalmente d’accordo.
    Ricordo che uno dei primi commenti della Meloni dopo le politiche è stato “Sogno una nazione nella quale tu, per essere un vuoi docente, non devi per forza avere la tessera della CGIL”.. Un autentico insulto, passato poco più che liscio, ma seguito dalle belle lettere indirizzate dal Valditara a studenti, insegnanti, famiglie, sul rinato rischio di “dittatura comunista” rappresentato da Putin, e sulla reperimento alla Preside di Firenze. Un sindacato non dovrebbe fare pippa, come invece è accaduto. Penso inoltre che la CGIL abbia ancora una grande forza, ma che debba anche stare attenta a non dilapidarla seguendo gli indirizzi politici del PD, che, mi pare chiaro, non pagano.

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