Come si ricorderà Enrico Berlinguer disse sulla Nato parole chiare. Si sentiva meglio sotto il suo ombrello che sotto quello del Patto di Varsavia, non perché sottovalutasse le ostilità che nell’Occidente euroatlantico c’erano verso trasformazioni socialiste che, disse – nella celebre intervista a Giampaolo Pansa sul “Corriere della sera” pochi giorni prima delle elezioni politiche del 20 giugno 1976 – “In Occidente alcuni non vorrebbero neppure lasciarci cominciare a farlo [il socialismo], anche nella libertà” mentre aveva già osservato che “all’Est, forse, vorrebbero che noi costruissimo il socialismo come piace a loro”. Appena due anni dopo quanto fossero profonde quelle ostilità internazionali oltre che interne lo abbiamo misurato ad abundantiam. Raggiunsero il loro culmine con il rapimento e l’assassinio di Moro che si era fatto garante dell’incontro fra Dc e Pci.

Per quella posizione di Berlinguer sulla Nato, però, vi erano ragioni più profonde da quelle immediate di una convenienza elettorale per le vicine elezioni politiche. Ragioni che attenevano alla visione realistica internazionale e internazionalista dei comunisti italiani: il superamento bilanciato dei blocchi contrapposti, anche militari, soprattutto in Europa che usciva dal successo segnato nella Conferenza sulla sicurezza europea di Helsinki l’anno precedente.

Per giustificare l’oltranzismo atlantico riaccesosi con l’aggressione di Putin all’Ucraina, da più parti si è tentato di strumentalizzare in malo modo le parole del segretario comunista decontestualizzandole completamente dall’epoca storica, come è solito fare un certo cialtronismo politico e giornalistico nazionale.

È noto a tutti, meno che ai ciechi, che il mondo è profondamente cambiato dall’epoca di Berlinguer. Il blocco comunista dell’Est a dominanza sovietica è imploso e si è sciolto lasciando al suo posto molte entità statali nazionalistiche e molti grandi e piccoli imperialismi. Gli Stati Uniti, sentendosi vincitori della “guerra fredda”, hanno progressivamente espanso la Nato fino a portarla, come ha detto Papa Francesco, ad “abbaiare della alle porte della Russia”. La sinistra europea di ispirazione socialista e socialdemocratica si è accomodata in un lungo declino all’ombra della subalternità al neoliberismo capitalistico.

Oggi il mondo, anche a uno sguardo superficiale, è diventato multipolare ma finora, soprattutto da parte americana, ma non solo, si tarda a prenderne atto e a adeguare a ciò una strategia fondata sul dialogo volto a governare in senso multilaterale, progressista e solidaristico le sfide nuove dell’ambiente, dell’energia, della sanità, della tecnologia, mettendo da parte vecchi e nuovi imperialismi nascenti oltre ad eliminare la sempre incombente e ormai storica minaccia nucleare. Il contrasto con la Cina è la cartina al tornasole di questo mutamento strategico – il passaggio dal bipolarismo al multilateralismo – che in America ancora non c’è e che non può non basarsi anche sul superamento delle alleanze militari nate nel secolo del bipolarismo e dei blocchi contrapposti, compresa la Nato. È del tutto evidente che questo è solo un orizzonte strategico che tuttavia va perseguito passo passo, con il realismo politico di accordi parziali e regionali, dalle forze di ispirazione socialista, democratica e pacifista mondiali.

In questo mutamento urge che l’Europa, dove è nato il socialismo teorico e pratico e dove il capitalismo è stato lavorato, per così dire, da quell’ispirazione politica, esca dalla condizione di vaso di coccio fra vasi di ferro (Cina, Russia, Stati Uniti e potenze minori regionali).

A questo scopo nell’orizzonte strategico della sinistra europea dovrebbe esserci anche l’accelerata costruzione di una Difesa comune che non sia complementare alla Nato, come sostengono alcuni, ma sostitutiva. Una Difesa comune che dia al vecchio Continente l’autonomia necessaria ad esercitare sul piano mondiale un ruolo di pace a tutto tondo basato sulla cooperazione. Ma la strada dell’unità europea anche militare è oggi inscindibile dal suo fondamento progressista antinazionalista e anti sovranista. Su questo la sinistra europea e anche le forze di altra natura, cristiane, verdi, liberal democratiche, sono in pauroso ritardo e sulla difensiva di fronte al rigurgito del nazionalismo xenofobo erede degli sconfitti nella Seconda guerra mondiale. Un rigurgito che sta segnando molte vittorie elettorali in giro per l’Europa.

Dal pensiero di Berlinguer e dalle concrete proposte del vecchio Pci, ma anche di quello socialdemocratico e socialista più alto del tedesco Brandt, dell’austriaco Kreisky, e dello svedese Palme, la sinistra europea può trarre ispirazione ideale e più di uno spunto per darsi un nuovo orizzonte strategico internazionalista presupposto per ogni processo di ripresa unitaria.

Compreso quello del superamento della Nato.

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