È sempre un esercizio abbastanza frustrante, IMHO (a mio modesto parere per i meno avvezzi ai social), speculare su cosa avrebbero detto i pensatori del passato sull’attualità, sulle nuove tecnologie, sui nuovi pericoli che corre la razza umana.

Il rischio è anche quello di tradirne lo spirito e il metodo. In particolar modo nei confronti dei pensatori marxisti, così legati all’analisi puntuale delle situazioni concrete (si pensi ad Engels sulla famiglia o sulle condizioni del proletariato inglese) da contrapporsi quasi inconciliabilmente ad altre scuole che tendono invece a piegare la realtà all’ideologia.

Tanto concreto è il marxismo da riuscire a spiegare, con il plusvalore, quello che per gli economisti pionieristici (Smith, Ricardo) restava un mistero cioè il fatto che unendo il capitale (le macchine e le materie prime) al lavoro dei salariati si creasse un valore di mercato superiore alla somma dei due fattori di produzione allora considerati (si lo so, in questo momento almeno un professore di Storia delle dottrine economiche si sta suicidando, ma non sono mai stato un gran teoreta).

Eppure, proprio quella concretezza tipica del pensiero marxista pare essersi persa, oggi, nei confronti sia delle emergenze mondiali che ci assalgono sia nelle sfide scientifiche e tecnologiche che sicuramente cambieranno il mondo del lavoro e l’economia mondiale, quindi le condizioni concrete di vita di ciascuno di noi e dei nostri figli e nipoti.

Questo oblio della concretezza (che non significa materialismo volgare, marxianamente inteso) appare ancor più strano se viene registrato nel nostro paese, in quanto proprio nello specifico italiano per tanti anni la praxis gramsciana ha guidato, anche se forse non tutti saranno d’accordo, la pratica politica del Partito Comunista Italiano.

A questo oblio non so darmi altra spiegazione se non la sconfitta del movimento operaio e progressista nel nostro paese e nel nord del mondo, ma questa è un’altra storia e già sono stato troppo prolisso e me ne scuso.

Tornando al tema che mi impegna (sperando di non aver scoraggiato i miei due lettori, che pensarne anche solo una decina sarebbe un affronto a Don Lisander), genera in me profondo sconcerto il fatto che nessuna forza politica progressista, nel nostro paese e, per quanto mi consti, nel mondo, stia concretamente affrontando un tema oggi attualissimo per chiunque navighi un pochino nell’Internet, cioè la diffusione di modelli di intelligenza artificiale (IA) sempre più alla portata di tutti.

Avverto che qui non troverete una disamina dei vari “modelli” disponibili in rete, se non sono un teoreta ancor meno sono un informatico o un analista. Altri stanno, sulla stampa specializzata, affrontando le peculiarità di ciascun modello e ognuno di noi, con un minimo di curiosità e capacità informatiche oramai elementari, può sperimentare uno qualsiasi dei sistemi di IA disponibili in rete (per i pochi che ancora non l’hanno fatto lascerò in calce un paio di indirizzi per accedere a quelli che vanno per la maggiore).

Come esempi: l’immagine di copertina di questo articolo che è il prodotto di una IA generativa (Adobe Firefly), una foto totalmente inventata, inoltre in calce a questo contributo troverete un paio di risposte sul tema “Rivoluzione industriale” fornite dai due modelli di IA più conosciuti e di massa, senza alcuna correzione, errore grammaticale compreso (Chat GPT([1]) e Google Bard([2])).

Per tornare a noi (mi ero ripromesso di essere breve ma è più forte di me), lo sviluppo delle IA comporterà (non è una possibilità ma direi una certezza) un profondo mutamento in molti settori della nostra vita.

È da qualche tempo che è giunta la notizia di scioperi tra i lavoratori dello spettacolo di Hollywood. Prima hanno iniziato gli sceneggiatori poi si sono aggiunti gli attori e lo sciopero si protrae da oltre cento giorni.

Tra le altre rivendicazioni (adeguamento dei diritti e delle remunerazioni alla nuova diffusione dei prodotti cinematografici, oramai distribuiti più dalle piattaforme in streaming che nei classici cinema) vi è specificamente la richiesta di garanzie per i lavoratori in vista di un sempre crescente utilizzo dell’intelligenza artificiale che consentirebbe non solo di rimaneggiare sceneggiature originali, fino a riscriverle, ma anche di utilizzare attori in animazione semplicemente attraverso i sofisticati algoritmi di modellazione 3D permessi dalle nuove tecnologie di IA.

Ha dichiarato Susan Sarandon di recente “Gli Studios, grazie all’intelligenza artificiale, sottopongono gli attori a una scansione del proprio corpo, diventando così proprietari della loro immagine… è un vero e proprio furto ad opera dei computer ed è assolutamente inaccettabile. L’intelligenza artificiale dovrebbe essere usata per andare a sostituire gli amministratori delegati, mestiere per il quale non è necessaria tanta immaginazione” (La Repubblica del 2/8/2023).

Insomma, qui non siamo più alla reificazione del lavoro, siamo alla espropriazione totale del corpo stesso del lavoratore di cui si appropria una struttura capitalista, per sempre (für ewig, credo che l’espressione gramsciana sia qui usata propriamente), per far lavorare un emulatore virtuale del lavoratore stesso anche dopo la morte del lavoratore.

Non so se sono riuscito a spiegarmi, concettualmente e praticamente, il capitalismo non avrà più bisogno di quei lavoratori perché farà lavorare un surrogato informatico, virtuale e fisicamente inesistente e quei lavoratori non percepiranno neanche i diritti d’immagine, non potranno opporsi se il loro corpo virtuale sarà usato in un film porno o per interpretare un villain che mai avrebbero voluto interpretare.

Taluno potrebbe dire: chi se ne frega, alla fine parliamo di poche migliaia di persone che hanno le loro ville con piscina, le vendessero.

A parte che l’industria dello spettacolo non impiega solo grandi star con compensi pari al Prodotto Interno Lordo di una nazione ma per ogni Tom Cruise ci sono ventimila John Smith o Francesco Rossi, la risposta di primo acchito sarebbe particolarmente miope e non solo perché rischiate di non vedere le nuove stagioni delle vostre serie preferite.

Già oggi le IA possono sostituire in alcune fasi di scrittura di programmi informatici il cervello umano, persino le IA di pubblico accesso (che sicuramente non sono le più avanzate perché nessuno crede agli intenti benefici di Google o di altre compagnie simili).

Come visto con gli esempi che vi propongo, si ottengono accettabili grafiche in stile fotografico (perfettibili sicuramente ma, ripeto, si tratta di modelli gratuiti, io non sono particolarmente versato nella scrittura dei comandi da impartire).

La cosa sconvolgente è che, se avrete voglia di provare, vedrete che a quindici giorni di distanza tra ciascuna prova i risultati migliorano in maniera notevole, perché le IA imparano dai feedback degli utenti (e qui si apre un altro discorso che cercherò di affrontare prima o poi ma che è stato ben analizzato in diversi interventi da Evgenij Morozov ([3])).

Ancora, un grafico può passare ore, se non giorni, a creare un “font” cioè un carattere di stampa, per una azienda. Lo stesso Adobe Firefly ha creato questo font in meno di cinque (5) secondi:

I testi che vi propongo in calce potrebbero agevolmente strappare la sufficienza in qualsiasi contesto scolastico e, tutto sommato, possono competere con la produzione media di articoli sui giornali.

Ma di esempi potrei farne a iosa.

Provate a farvi tradurre da una intelligenza artificiale un testo dal finlandese all’italiano e vedete quanto ci mette. Ora il Finlandese non lo conosco ma posso giudicare qualche traduzione dall’inglese e posso dirvi che il progresso rispetto ai vecchi sistemi di traduzione gestiti da Google è più che di un ordine di grandezza, molto di più.

Ora ci troviamo di fronte ad una nuova rivoluzione produttiva? Sicuramente ci troviamo in una situazione in cui tanti lavoratori dovranno inventarsi una collocazione, vedremo probabilmente sentenze scritte da sistemi esperti (e anche qui avremo una rivoluzione intellettuale e giuridica), vedremo analisi di bilancio automatizzate, Avvocati e Commercialisti sono fortemente a rischio. I free lance, fotografi, grafici, giornalisti (già oggi spesso “poor workers” specie se giovani), si troveranno con una professionalità da reinventarsi totalmente.

Certo non possiamo pensare di rimettere il genio nella lampada e pensare da “ludditi” non solo non è nostra tradizione ma è stupido.

Eppure, ci sarebbe il modo di utilizzare questi strumenti non per arricchire i soliti capitalisti ma per rendere il mondo più vivibile.

La velocità di elaborazione di questi strumenti, la loro capacità di apprendere, potrebbero essere sfruttate per pianificare la produzione mondiale di generi alimentari, per ottimizzarne la distribuzione, valutandone preventivamente la produzione di CO2 e l’impronta ecologica, fino alla distribuzione (non è che le navi che distribuiscono il grano ucraino abbiano un impatto insignificante sulle emissioni globali di CO2 e di inquinanti).

Potremmo pianificare la produzione di beni durevoli in maniera da non soffrire della obsolescenza programmata (sto scrivendo queste povere righe su una macchina enormemente più potente di quelle che hanno portato l’uomo sulla luna, utilizzandola come una sofisticata macchina da scrivere, al massimo al 5% delle sue capacità di elaborazione).

Potrebbe ridursi significativamente il tempo che ciascuno di noi deve dedicare quotidianamente al lavoro anche oltre la tradizionale divisione in terzi della vita (otto ore di lavoro, otto di riposo, otto di svago) che, peraltro, oggi ci sembrano un miraggio anche nel nostro fortunato mondo nord occidentale.

Ma lo scopo di questo contributo non è tanto quello di cantare le sorti magnifiche e progressive delle Intelligenze Artificiali (che certo in mano ai capitalisti non saranno progressive). Lo scopo è stigmatizzare il fatto che mentre noi ci occupiamo delle infelici battute dei nostri inadeguati, eufemisticamente parlando, governanti, là fuori il capitale sta muovendo un mondo nuovo, non necessariamente coraggioso o meraviglioso, anzi, e nessuno se ne occupa.

Sì, ma cosa possiamo fare? Anche prendessimo tutti coscienza di quanto sta accadendo, cosa può fare una minuscola associazione culturale? cosa può fare tutta la “sinistra radicale” italiana che a stento raggiunge l’un per cento del corpo elettorale?

Intanto anche “prenderne coscienza” collettiva mi sembra una iniziativa di stampo prettamente gramsciano, si parva licet. Il grande dirigente non temette, durante i lunghi anni di carcere di affrontare temi anche di non immediata applicazione. Gramsci ragionava für ewig, per l’eternità (come scrisse alla cognata in una lucida lettera). Ecco, sarebbe molto gramsciano e, anche, berlingueriano se ricominciassimo a ragionare für ewig e ad agire nell’immediato, poiché l’utopia è il motore delle lotte per il salario e l’utopia è sempre molto concreta.

Come ha scritto Piero Bevilacqua su Reblab, nell’ottobre del 2017:  “Esiste un indicatore infallibile dello stato di salute della sinistra italiana: è la discrepanza tra la complessità dei problemi storici che stiamo attraversando, dentro una transizione che pone l’umanità di fronte a interrogativi che toccano e trasformano il nostro destino (il rapporto con la tecnologia e la robotizzazione del lavoro, il rapporto tra sviluppo e ambiente, la demografia, le grandi migrazioni, lo sfruttamento, le nuove guerre) e la mediocrità della nostra iniziativa politica quotidiana. … Non bisogna essere luddisti, reazionari, anti-moderni. Si tratta invece di difendere la dimensione dello “umanesimo del lavoro” dentro una fase più alta di sviluppo produttivo. Si tratta di impedire che questo sviluppo produca “gorilla ammaestrati” ridotti a numero e a merce, privi di coscienza, di pensiero, di strumenti contro-egemonici. Perché è evidente che si tratti – nel caso dell’americanismo – di una vera e propria “rivoluzione passiva” (imposta dall’alto verso il basso, con la complicità passiva dei subalterni) del capitale volta a conquistare corpo e anima della classe operaia: mani e fatica, testa e intelletto.”([4])

Alcuni Link

Open AI (Chat GPT): https://chat.openai.com/ (occorre registrarsi, la versione 3.5 è gratuita, la versione 4.0 è attualmente a pagamento)

Google Bard: https://bard.google.com/ (è necessario un account Google, gratuito)

Adobe Firefly: https://firefly.adobe.com/ (generatore di immagini, font e altro, è necessario registrarsi e occorre qualche tempo per ottenere l’accesso che è, attualmente, gratuito)


[1] Domanda: mi puoi descrivere quali e quante rivoluzioni industriali si sono registrate negli ultimi trecento anni?

Risposta da Chat GPT: Certamente, negli ultimi trecento anni si sono verificate quattro rivoluzioni industriali che hanno profondamente trasformato l’economia, la società e la tecnologia. Ecco una panoramica di ciascuna di esse:

1. **Prima rivoluzione industriale (fine del XVIII secolo – metà del XIX secolo):** Questa rivoluzione è stata caratterizzata dalla transizione da un’economia agricola e manuale a un’economia industriale basata sulla meccanizzazione e sull’uso di energia proveniente da fonti come il carbone e il vapore. Gli sviluppi chiave includono l’invenzione della macchina a vapore, l’uso di tessuti meccanici nelle fabbriche, l’espansione delle ferrovie e l’aumento della produzione industriale. Questa rivoluzione ha segnato un passaggio fondamentale dalla produzione artigianale alla produzione di massa in fabbriche.

2. **Seconda rivoluzione industriale (metà del XIX secolo – inizio del XX secolo):** Questa fase è stata caratterizzata dall’introduzione di nuove tecnologie come l’elettricità, l’acciaio, il petrolio e la chimica industriale. Innovazioni come il telegrafo, il telefono e l’automobile hanno contribuito a un ulteriore aumento della produzione e dell’efficienza. La produzione in catena e l’uso di macchine automatiche hanno portato a una maggiore standardizzazione e a una produzione più efficiente. Questa fase ha anche visto l’inizio della produzione di beni di consumo su larga scala.

3. **Terza rivoluzione industriale (metà del XX secolo – fine del XX secolo):** Questa rivoluzione è stata guidata dalla nascita dell’informatica e dalla diffusione della tecnologia digitale. L’avvento dei computer, dei semiconduttori e dell’elettronica ha reso possibile l’automazione avanzata, la produzione flessibile e l’automazione dei processi industriali. Questa fase ha visto lo sviluppo di nuovi settori come l’informatica, l’elettronica di consumo e le telecomunicazioni. Internet è emerso come una forza trasformativa, aprendo la strada a un’interconnessione globale senza precedenti.

4. **Quarta rivoluzione industriale (inizi del XXI secolo – in corso):** Questa fase è caratterizzata dall’integrazione sempre più profonda tra tecnologie digitali, fisiche e biologiche. La convergenza di tecnologie come l’Intelligenza Artificiale, l’Internet delle Cose (IoT), la robotica avanzata, la biotecnologia e la stampa 3D sta creando nuovi modelli di produzione, servizi e interazione umana. L’analisi dei dati e l’automazione intelligente stanno rivoluzionando processi e settori, dalla produzione all’assistenza sanitaria, dalla mobilità alla sostenibilità.

Ogni rivoluzione industriale ha portato a cambiamenti sostanziali nell’economia, nella società e nella vita quotidiana, ridefinendo i modi in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo. La quarta rivoluzione industriale è ancora in corso e sta aprendo la strada a nuove sfide e opportunità, come l’etica dell’IA, la sicurezza informatica e la trasformazione digitale su vasta scala.

[2] Domanda: quando si può definire una innovazione tecnologica così importante da determinare una rivoluzione nei sistemi produttivi?

Risposta di Google Bard:

Un’innovazione tecnologica può essere definita così importante da determinare una rivoluzione nei sistemi produttivi quando comporta cambiamenti significativi in termini di:

Efficienza: l’innovazione tecnologica deve essere in grado di migliorare l’efficienza dei processi produttivi, riducendo i costi e aumentando la produzione.

Qualità: l’innovazione tecnologica deve essere in grado di migliorare la qualità dei prodotti o servizi, rendendoli più competitivi sul mercato.

Flessibilità: l’innovazione tecnologica deve essere in grado di rendere i sistemi produttivi più flessibili, in modo da adattarli alle esigenze mutevoli del mercato.

Innovatività: l’innovazione tecnologica deve essere in grado di generare nuovi prodotti e servizi, creando nuovi mercati e opportunità di business.

Alcune esempi di innovazioni tecnologiche che hanno determinato una rivoluzione nei sistemi produttivi sono:

  • L’invenzione della macchina a vapore, che ha portato alla rivoluzione industriale.
  • L’invenzione dell’elettricità, che ha consentito lo sviluppo della produzione di massa.
  • L’invenzione del computer, che ha portato alla rivoluzione informatica.
  • L’invenzione di internet, che ha consentito la rivoluzione digitale.

Queste innovazioni tecnologiche hanno avuto un impatto significativo sui sistemi produttivi, portando a cambiamenti radicali in termini di efficienza, qualità, flessibilità e innovatività. Hanno anche contribuito alla nascita di nuovi settori economici e alla creazione di nuovi posti di lavoro.

[3] E. Morozov, La vera minaccia dell’intelligenza artificiale, in Internazionale del 18 agosto 2023 e intervista a La Repubblica del 19 aprile 2023 https://www.repubblica.it/tecnologia/2023/04/19/news/evgeny_morozov_intervista_intelligenza_artificiale_chatgpt_garante_privacy-396525191/

[4] Considerazioni inattuali su Gramsci: il disastro della sinistra e le prospettive https://www.officinadeisaperi.it/agora/sinistra/considerazioni-inattuali-su-gramsci-il-disastro-della-sinistra-e-le-prospettive/

Di Roberto Del Fiacco

Libero professionista, consulente tributario, esperto nell'economia dei servizi comunali di raccolta rifiuti. Si illude di essere ancora iscritto al Partito Comunista Italiano e alla Federazione Giovanile Comunista Italiana (quelli veri). E' nato e morirà comunista

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