Wounded Palestinians wait for treatment at the overcrowded emergency ward of Al-Shifa hospital in Gaza

L’etica e la morale, la giustizia. Il rispetto dei diritti civili, principi basilari di uguaglianza delle persone umane, l’evidenza della necessità, tutto ciò, e altro ancora, avrebbe dovuto portare alla sola soluzione ragionevole della questione israelo-palestinese, ovvero alla creazione di due stati indipendenti e sovrani all’interno dei quali ciascuno potesse vivere la propria esistenza in libertà e indipendenza.

La mattanza che si sta consumando nei confronti del popolo palestinese, in questo momento, non trova e non potrà mai trovare nessuna giustificazione ne motivazione nel silenzio più assoluto di governi in primis quello italiano e di una stampa del cosi detto mondo occidentale che omette di riportare quanto sta avvenendo.

DETTO CIÒ, CI SI PUÒ INTERROGARE SUL PERCHÉ CIÒ NON SIA AVVENUTO.

C’è stato un periodo storico, quando Rabin e Arafat lavoravano per un accordo, in cui questo è apparso possibile, ma Rabin è stato ucciso da un attentatore israeliano, e la storia ha cambiato corso, senza dimenticare l’assassinio di Olaf Palme

CHI LAVORA PER COSTRUIRE LA PACE, RISCHIA IN PRIMA PERSONA.

Si deve concludere che per molti motivi, non tutti enumerabili, esplorabili e perfino intelligibili, la PACE non sia desiderabile per una nutritissima schiera di individui, organizzazioni, enti, gruppi economici, nazioni, popolazioni, e che mantenere pronti focolai bellici da riaccendere al momento opportuno sia considerato conveniente.

D’altra parte, gli Stati non hanno amici, ma solo interessi, e le alleanze politiche e/o economiche sono fluide e mutevoli; si fanno democratiche elezioni e cambiano i governi e i presidenti, si fa un libero referendum e l’alleanza che era sancita viene revocata, tradita, ripensata, riveduta e corretta.

Dopo il blocco delle alleanze, che sembrava eterno, imposto dalla guerra fredda, abbiamo visto ricombinarsi gli elementi nelle modalità apparentemente più imprevedibili, il che ha generato notevole confusione in chi, come molti di noi, è cresciuto nella certezza che la posizione da prendere fosse sempre chiara e senza (o con poche e trascurabili) ombre.

La guerra in Ucraina, che continua anche se al momento fa meno notizia, ci ha imposto la consapevolezza che la Russia di Putin è capitalista, mafiosa, violenta e militarista come gli USA, i cui costumi politici ci erano già ben chiari; l’evidenza che i “resistenti” ucraini siano guidati da una enclave di personaggi ambigui, Zelensky in testa, che stanno sacrificando la popolazione in una lotta “fino all’ultimo ucraino”, non modifica la consapevolezza che il battaglione Azov e la brigata Wagner siano entità del tutto simili, composte da personaggi dall’indole criminale e crudele.

L’attuale conflitto sulla striscia di Gaza ci costringe a prendere atto che coloro che si pongono a difensori del popolo Palestinese non solo non lo difendono affatto, in quanto lo stanno consapevolmente esponendo ad un massacro, ma appartengono alla trista schiera dei sostenitori dei regimi teocratici le cui gesta sono ben note in tutto l’oriente, dall’Afghanistan all’Iran, passando per il sedicente Stato Islamico dell’ISIS e dei massacri nel Kurdistan; ideologie fideistiche che non hanno alcun interesse a salvare dei poveri civili, in quanto più aumenta la schiera dei martiri e più si può fomentare la reazione dei credenti.

Ora, se c’è una cosa che il socialismo esclude, aprioristicamente e senza compromessi, è l’intervento della fede religiosa nelle questioni relative al governo di uno stato; donde la confusione e il disorientamento di chi ha sempre preso una posizione di difesa dei diritti di una popolazione vessata da governi israeliani diventati nel tempo sempre più conservatori, fino a quello di Benjamin Netanyahu, che è un vero fascista, con velleità di dittatura. I capi di Hamas, spesso in esilio dorato nei paesi arabi alleati dell’occidente, non sono campioni della lotta di classe del proletariato mondiale, pure se la gran parte del loro “pubblico” a questo proletariato (o sotto proletariato) appartengono.

In mezzo, una Europa che non riesce a trovare una unità politica perché essa presupporrebbe solidarietà reciproche che sono ben lontane dall’essere proponibili e che non trova altra strada che continuare a seguire l’indirizzo politico ed economico imposto dalla NATO, acriticamente, priva di idee alternative, priva di peso politico, priva  quindi della capacità di porsi come mediatore autorevole in questioni internazionali che ne stanno mettendo alla prova le economie degli stati membri, ma che passano molto al di sopra della sua testa.

In questo panorama, le future elezioni europee sono importantissime e sarebbe veramente necessario che la cittadinanza europea che si astiene riuscisse a ritrovare interesse, voce e peso politico.

Una guerra che dura da 75 anni, trattative che finiscono sempre in nulla di fatto, risoluzioni dell’ONU mai rispettate e calpestate

Il diritto di Israele all’esistenza è garantito non solo dalle risoluzioni ONU (che sappiamo essere carta straccia se non sostenute dalla volontà degli stati) ma dalla realtà storica, oggi incancellabile. Il diritto dei palestinesi ad una terra, ad uno stato, alla autodeterminazione non può essere oscurato dall’ottuso e sanguinario estremismo di Hamas e non può essere sconfitto dal becero fascismo di ritorno del governo israeliano.

Né con Netanyahu né con Hamas garantiremo il diritto di vivere in pace che, come cantava Victor Jara, è un diritto dei popoli.

Immagine in copertina: Wounded Palestinians wait for treatment at the overcrowded emergency ward of Al-Shifa hospital in Gaza City following an Israeli airstrike on October 11, 2023; Di Palestinian News & Information Agency (Wafa) in contract with APAimages, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=138775627

(immagine ritagliata per esigenze di pubblicazione)

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