Marco D’Eramo con il suo “Dominio: La Guerra Invisibile Dei Potenti Contro I Sudditi” prosegue e completa quanto scritto con “Il Capitalismo dei disastri” da Naomi Klein e con “Il Capitalismo della sorveglianza” da Shoshana Zuboff.

Credo che queste tre opere siano una trilogia essenziale per ben comprendere il percorso del capitalismo neo-liberista, la sua capacità di affermazione e di cancellazione di un patrimonio di valori, di solidarietà e credibilità che la sinistra ha da tempo perduto.

Quella che D’Eramo ci propone è la visione insolita di una rivoluzione: siamo per formazione abituati a legare le rivoluzioni a situazioni di ingiustizia sociale ed istanze di eguaglianza.

Ciò che si è realizzato in questo caso è il processo inverso: negli ultimi decenni si è compiuta senza alcun incidente di percorso la rivoluzione dei dominanti che hanno voluto affermare e realizzare la loro volontà di ineguaglianza e che sono riusciti a farlo nel più efficace dei modi.

Ovvero: i dominati si ribellano perché non sono abbastanza eguali, i dominanti si rivoltano perché sono troppo eguali. “Perché sono sempre i più deboli a cercare eguaglianza e giustizia, mentre chi ha la forza non ci pensa neppure”.

È una tesi illuminante, e sconvolgente. Perché ci apre orizzonti che prima ci erano nascosti, quelli di una rivoluzione non dal basso contro l’alto, ma dall’alto contro il basso. Aristotele ci dà un’indicazione in più: “Nelle oligarchie a rivoltarsi sono i più, ritenendo di essere trattati ingiustamente perché, pur essendo eguali, non hanno, come s’è già detto, gli stessi diritti degli altri, mentre nelle democrazie sono i notabili a rivoltarsi perché hanno gli stessi diritti degli altri pur non essendo eguali” (V, 1303b).

La tesi che voglio dimostrare è appunto che negli ultimi cinquant’anni è stata portata a termine una gigantesca rivoluzione dei ricchi contro i poveri, dei padroni contro i sudditi, dei dominanti contro i dominati. Una rivoluzione che è avvenuta senza che ce ne accorgessimo, una rivoluzione invisibile, una “stealth revolution”, come l’ha chiamata la filosofa statunitense Wendy Brown.

L’altra visione che ci propone è quella di un percorso assolutamente ideologico che ci vede spesso assai poco consapevoli del nostro ruolo di sudditi.

È stata una guerra ideologica totale: è questa guerra che voglio raccontare. Con la sua pianificazione, le strategie, la scelta del terreno dello scontro, l’uso delle crisi. Come disse il braccio destro di Barack Obama, Rahm Emanuel, poi sindaco di Chicago: “Non lasciare che nessuna crisi seria vada sprecata”. Che non si sprechi né una penuria, né un’insolvenza, né un attentato, né una crisi finanziaria, né una pandemia.

E mentre sistemi strutturati di idee quali sono le ideologie venivano scientemente e strumentalmente denigrate e collocate nel passato, spogliate del loro valore ritenuto anacronistico, restavamo vittime dell’ideologia neo-liberista realizzata non solo attraverso privatizzazioni di carattere economico ma attraverso l’omologazione dei cervelli e delle opinioni.

Non solo quindi la spoliazione dello Stato di quelle attività che dovrebbero essergli proprie nell’interesse della collettività ma anche l’utilizzo di alcune di queste, come ad esempio l’istruzione, per realizzare il radicamento di un pensiero comune aderente agli interessi di potenti e governanti.

A questo fine sono stati privatizzati ed occupati tanti altri spazi come la comunicazione, i social network, buona parte della stampa e della politica, per allineare il main stream al progetto dei dominanti.

Lo stato è mantenuto in vita come fedele servitore ed alleato, utile ad esempio in situazioni di crisi .economica o, come recentemente avvenuto, in situazioni pandemiche. Perché in questo caso è necessario che ci sia qualcuno pronto ad affrontare, non certo a spese dei dominanti ma dei dominati, le situazioni di collettiva difficoltà, ricorrendo ad ulteriore indebitamento. Perché l’indebitamento, oltre a produrre profitto per taluni, consente di dettare le regole da seguire agli Stati “sovrani”.

Friedman e soci, think tanks e Scuola di Chicago hanno prodotto negli ultimi decenni una perfetta condizione di schiavitù globale della quale non mi sembra ci sia piena coscienza. Hanno modificato completamente i rapporti di forza e l’idea di società. I “dominanti” hanno vinto e voltare pagina non sarà certamente facile.

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