La guerra, le privatizzazioni, il ruolo della sinistra

Questa serie di articoli ha iniziato a prendere forma oltre un mese prima dell’invasione russa dell’Ucraina.

Sulle pagine di questo blog e sui social dell’associazione ho già chiarito quale è il mio pensiero sullo scontro tra i due imperialismi, quello russo e quello della NATO (espresso quest’ultimo, per procura agli Ucraini, per ora), non tornerò sull’argomento.

Cercherò di evidenziare, nei limiti del possibile e delle mie scarse capacità, come le privatizzazioni siano una delle cause della incapacità del capitalismo a rispondere alla crisi economica ed energetica.

Dato che per me scrivere è (nonostante la professione e per dirla con Rino Formica) «sangue e merda» non ho rivisto tutti gli interventi alla luce della aggravata situazione mondiale ma mi sono limitato ad evidenziare, nel penultimo intervento, la conferma della incapacità dei mercati liberisti di far fronte alle emergenze.

La chimera della concorrenza nei Servizi Pubblici locali

Chimèra s. f. [dal lat. chimaera, gr. χίμαιρα, propr. «capra»]. – 1. a. Nella mitologia greca, mostro con testa e corpo di leone, una seconda testa di capra sulla schiena, e una coda di serpente fornita anch’essa di testa, raffigurata spesso nell’arte antica in atto di vomitare fuoco; era considerata come un’incarnazione di forze fisiche distruttrici (vulcani o tempeste). … 2. fig. Idea senza fondamento, sogno vano, fantasticheria strana, utopia: … Treccani on line

“La tutela e la promozione della concorrenza – principi-cardine dell’ordinamento dell’Unione Europea – sono fattori essenziali per favorire l’efficienza e la crescita economica e per garantire la ripresa dopo la pandemia. Possono anche contribuire a una maggiore giustizia sociale. La concorrenza è idonea ad abbassare i prezzi e ad aumentare la qualità dei beni e dei servizi: quando interviene in mercati come quelli dei farmaci o dei trasporti pubblici, i suoi effetti sono idonei a favorire una più consistente eguaglianza sostanziale e una più solida coesione sociale”
Questo sta scritto in pag. 75 del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ed è la favola che i neoliberisti stanno ripetendo da qualche tempo.
La sincera brutalità darwinista dei Chicago boys e del duo Thatcher – Reagan non va più di moda ed è stata sostituita dalla versione “politically correct”, blairiana e piddina, del “compassionate capitalism” (capitalismo compassionevole). Il PNRR ne è l’esempio più attuale.
L’illusione, la chimera, di attuare una politica sociale redistributiva attraverso la concorrenza si scontra con la realtà e la natura del capitalismo che è la ricerca del profitto e l’accumulazione di ricchezza.
Mi scuseranno i lettori per la lunghezza del testo (diviso in più parti) e per qualche tecnicismo, cercherò di limitarmi, ma dare un fondamento “scientifico” alla politica è un esercizio che trovo precipuamente “gramsciano” e questa associazione nasce con l’ambizioso presupposto di applicare la prassi del più grande pensatore marxista del Novecento. Sforzo ambizioso e forse oltre le nostre forze e capacità ma la sola via sicura per la sconfitta, parafrasando Wilde, è non provarci mai.
Tornando a noi, perché sostengo che attuare una politica di redistribuzione della ricchezza attraverso il mercato nei servizi pubblici sia una chimera?
Per il semplice motivo che non è mai accaduto… il ricorso al mercato, dopo la privatizzazione dei servizi, ha avuto sempre un solo significato: aumento dei prezzi e impoverimento dell’offerta (fa eccezione, parziale, solo il mercato della telefonia mobile ma qui sono avvenuti altri comportamenti degli operatori che, comunque, non hanno garantito condizioni di favore per il consumatore).
In primo luogo, chiarisco l’ambito in cui si esercita la mia critica, ambito che coincide con la mia professione di consulente di economia dei servizi di raccolta e trattamento dei rifiuti urbani e tributarista.
Come noto (o almeno dovrebbe essere a chi è minimamente interessato al proprio futuro) il Governo, con la Legge annuale sulla concorrenza (link a piè di pagina per chi volesse approfondire), ha chiesto al Parlamento la “delega” a legiferare autonomamente sul tema del riordino dei servizi pubblici locali.
Senza entrare nel meccanismo della legge delega e dei decreti che ne derivano, si può dire che questo significa che, sostanzialmente, il Parlamento, con la delega, fissa dei tratti generali e il Governo ha il compito di trasformarli in norma di Legge che, a parte un parere obbligatorio ma non vincolante, non tornerà più di fronte a nessuna assemblea elettiva. Mi scuseranno gli eventuali esperti di Diritto Pubblico che mi leggono per le semplificazioni che ho operato ma penso di aver, sostanzialmente, evidenziato la particolarità di uno strumento che, insieme alla decretazione d’urgenza, al ricorso alla fiducia, ai maxiemendamenti, ha contribuito a svuotare le prerogative parlamentari e, soprattutto, trasferire, da decenni, l’iniziativa legislativa in mano al governo. Anche questa scelta, vedremo, ha un senso politico.
Quando parliamo di servizi pubblici locali il pensiero corre al trasporto pubblico (TPL), alla distribuzione dell’acqua potabile e la depurazione e al servizio dei rifiuti urbani, spazzamento, raccolta e trattamento.
C’è stato un tempo (neanche troppo lontano) in cui fra questi erano compresi la distribuzione dell’energia elettrica, del gas, gli enti comunali di consumo (nati come calmiere per i prezzi di beni di prima necessità), ecc.
Poi ci sono altre funzioni e servizi che vanno dalle scuole dell’infanzia all’affissione dei manifesti.
Insomma, una congerie di funzioni che però hanno, o avevano, uno scopo in comune: quello di garantire beni e servizi di prima necessità e urgenza, ad un prezzo accessibile, a tutti.
Molto del welfare italiano è passato, nei decenni scorsi, attraverso i Comuni e attraverso i servizi che i Comuni erogavano.
Molti servizi svolti dai Comuni nel passato sono spariti (gli enti di consumo), alcuni sono stati “liberalizzati” (esempio principe la distribuzione dell’energia nelle sue varie forme), altri sono quasi residuali (le scuole). Restano, ad oggi, i servizi del ciclo delle acque (svolti di solito a livello sovracomunale in varie forme, spesso in concessione), i servizi di gestione dei rifiuti urbani (idem come sopra ma con molta più variabilità di forme di gestione) e il trasporto pubblico locale (in cui si intrecciano competenze statali, regionali, metropolitane e comunali).
Pochi sanno che questi tre servizi vengono considerati “a carattere industriale e di rilevanza economica” anche se manca una definizione positiva. Cioè non esiste una Norma di Legge che dica: questi sono servizi a carattere industriale, quelli sono servizi privi di rilevanza economica.
La loro individuazione avviene (come direbbe un giureconsulto) in maniera “sintomatica” con il sovrapporsi di normative e sentenze, a partire dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso.
L’accavallarsi di normative e giurisprudenza, settore per settore, spinge sempre più affinché questi servizi vengano gestiti in forma imprenditoriale (anche quando la loro gestione sia ancora in mano agli enti locali).
Sostanzialmente quello che accomuna questi servizi, in questa evoluzione (o involuzione), è il fatto che si tratta di settori in cui, in astratto, si possono generare utili, che richiedono una organizzazione imprenditoriale (cioè un insieme coordinato di mezzi tesa alla produzione di beni o servizi finalizzato alla produzione di valore aggiunto), che consentono una misurabilità della prestazione, servizi che sono più o meno fruibili e fruiti per volontà del consumatore/utente.
E proprio qui sta la principale differenza tra chi, come noi socialisti e comunisti, si richiama alla nozione di servizio come strumento di vita e di promozione della dignità umana, per garantire al cittadino non una astratta eguaglianza ma una base di equità, e chi lo considera come una merce.
Per noi il fatto che senza una fornitura di acqua non si viva, senza una corretta gestione dei rifiuti non si possa tutelare l’ambiente, senza un trasporto pubblico efficiente si abbia una forte limitazione della libertà personale, sono presupposti talmente evidenti da farci rifiutare il concetto stesso di “servizi a carattere industriale e di rilevanza economica”.
Infine, noterete come i tre servizi che ci interessano sono fortemente intrecciati alla cosiddetta transizione ecologica, vuoi perché l’economia circolare prevede una gestione dei rifiuti sempre più efficiente, vuoi perché ora sappiamo che l’acqua è un bene scarso e non rinnovabile al ritmo con cui viene utilizzata da un mondo sempre più assetato, vuoi perché un servizio di trasporto collettivo efficiente, efficace e universale è il presupposto per il progressivo ridursi del trasporto privato che tanto influisce sulla crisi climatica.
Proprio per questo penso, da tempo, che dovremmo proporre come centrale un cambiamento di paradigma culturale ed iniziare a pensare a questi servizi come “servizi di benessere generale e ambientale” perché è il momento di uscire da una strategia di difesa, sempre più faticosa, e passare all’attacco su questi servizi e sul ruolo del pubblico nel loro svolgimento.
Riferimenti: Disegno di legge A.S. n. 2469

Immagine in evidenza tratta da www.dinamopress.it (licenza CC BY-NC-ND 2.5 IT) del 27/01/2022

Di Roberto Del Fiacco

Libero professionista, consulente tributario, esperto nell'economia dei servizi comunali di raccolta rifiuti. Si illude di essere ancora iscritto al Partito Comunista Italiano e alla Federazione Giovanile Comunista Italiana (quelli veri). E' nato e morirà comunista

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