Quando si affronta Marx (e non solo lui, ma ogni frangente della storia del pensiero e del mondo che si ritiene essere epocale), si dovrebbero tenere nel giusto conto le indicazioni di metodo (methodos, ossia la ricerca di una via) fornite da Gramsci, ossia ripercorrere la vita del filosofo di Treviri mettendo in relazione gli eventi che Marx stava vivendo con le opere che scriveva in quel determinato momento della sua vita.
Lo stesso Marx indica la strada con la Prefazione del 1859 a Per la critica dell’economia politica (Editori Riuniti, Roma 19743, pp. 3-8) nella quale ripercorre il periodo che va dal 1842 alla collaborazione con il New York Tribune degli anni Cinquanta (nel momento in cui scrive è all’ottavo anno di collaborazione con la testata statunitense e al quarto come unico corrispondente dall’Europa).
1842-1843: Gazzetta renana, quotidiano democratico uscito a Colonia dal 1° gennaio 1842 al 31 marzo 1843. Marx ne fu redattore capo dal 15 ottobre 1842. La chiusura della Gazzetta renana spinse Marx a ritirarsi “dalla scena pubblica nella stanza da studio”.
1844: Annali franco-tedeschi pubblicati a Parigi e cessati dopo la prima pubblicazione. Qui Marx pubblicò l’Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel a cui aveva iniziato a lavorare nel 1843 (ma anche La questione ebraica). La scoperta che “l’anatomia della società civile è da cercare nell’economia politica” condusse Marx, emigrato nel frattempo da Parigi a Bruxelles per ordine di Guizot, ad alcune conclusioni che costituiscono il filo conduttore dei suoi studi e che Gramsci individua come i due “principi fondamentali della scienza politica” citandoli nel modo seguente: “1) che nessuna formazione sociale scompare fino a quando le forze produttive che si sono sviluppate in essa trovano ancora posto per un loro ulteriore movimento progressivo; 2) che la società non si pone compiti per la cui soluzione non siano già state covate le condizioni necessarie ecc.” (A. Gramsci, Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, 1975, p. 1774).
Nel 1845 anche Engels, già autore della Situazione della classe operaia in Inghilterra (Lipsia, 1845), si stabilì a Bruxelles. Il sodalizio fra i due iniziò con “una critica della filosofia posteriore a Hegel” (L’ideologia tedesca) che non fu pubblicata (lo fu soltanto nel 1932) e, per questo, fu abbandonata “alla rodente critica dei topi, in quanto avevamo già raggiunto il nostro scopo principale, che era di veder chiaro in noi stessi”. Insieme realizzarono il Manifesto del Partito comunista e, Marx da solo, il Discorso sul libero scambio. Lo stesso Marx ricorda che “i punti decisivi” della concezione materialistica della storia furono indicati “per la pima volta, benché soltanto in forma polemica”, in Miseria della filosofia del 1847 contro Proudhon.
1848-1849: Nuova gazzetta renana, uscito a Colonia e diretto da Marx, su cui, in forma di editoriali, apparve una serie di articoli sul tema Lavoro salariato e capitale.
Espulso dal Belgio a seguito della rivoluzione di febbraio, Marx si rifugiò a Londra dove riprese i suoi studi dal 1850 alternandoli con gli articoli scritti per il New York Tribune (organo democratico-borghese americano fondato nel 1841 con il quale Marx iniziò a collaborare nel 1851 divenendone l’unico corrispondente in Europa dal 1855) in quanto doveva “lavorare per un guadagno”. Da tenere presente la conclusione della Prefazione: “Questo schizzo nel corso dei miei studi nel campo dell’economia politica deve solamente servire a dimostrare che le mie concezioni, in qualsiasi modo si voglia giudicarle e per quanto coincidano ben poco con i pregiudizi interessati delle classi dominanti, sono il risultato di lunghe coscienziose ricerche. Sulla soglia della scienza, come sulla porta dell’Inferno, si deve porre questo ammonimento:
Qui si convien lasciare ogni sospetto
Ogni viltà conviene che qui sia morta.”
Questa conclusione diventa un’ulteriore indicazione di metodo in quanto propone l’impostazione di un percorso scevro da qualsiasi atteggiamento ideologico sia esso apologetico sia esso denigratorio. Marx pretende di essere affrontato in quanto studioso, in quanto ricercatore nel senso del platonico Simposio, ossia erede della filosofia come ricerca erotica in quanto povera da parte di madre e spinta all’arricchimento da parte di padre.