Il contenuto della proposta di Legge Delega

“Mala tempora currunt sed peiora parantur” (M.T. Cicerone)

Corrono brutti tempi ma se ne preparano di peggiori.

Nel primo intervento, introducendo l’argomento, ho accennato al disegno di legge governativo sul riordino di questi servizi, fornendo anche il riferimento ai lavori parlamentari.

Devo dire che quello che commentiamo oggi è il testo come è stato presentato e che nella discussione sul ddL (disegno di Legge) “concorrenza” probabilmente vedremo parecchi cambiamenti (attualmente è all’esame della Commissione Industria del Senato).

Già è chiaro, ad esempio, che verrà inserita una parte sulle concessioni degli arenili, ma quello che mi sembra di palmare evidenza è che, nonostante in Parlamento la maggior forza sulla carta sia nata (anche) in “difesa dell’acqua pubblica”, dato l’attuale assetto politico e la scarsa voglia antagonista che spira tra i nostri rappresentanti, nessuno dei cambiamenti che usciranno dai lavori parlamentari sarà sostanziale ai nostri fini. La maggior parte dei partiti che siedono nell’assise, prima o dopo, hanno contribuito (volontariamente o per ignavia) a quella involuzione cui ho accennavo la volta scorsa.

Esaminiamo, un po’ più nel dettaglio (senza esagerare), la situazione attuale e come vorrebbero che evolvesse.

Nel primo “criterio di delega” viene esplicitamente citata la tutela della concorrenza che deve informare l’individuazione delle attività “di interesse generale il cui svolgimento è necessario al fine di assicurare la soddisfazione delle esigenze delle comunità locali”.

Come nota la Professoressa Algostino (docente di diritto costituzionale presso l’Università di Torino) in un suo recente intervento in un convegno del Comitato acqua pubblica di Torino (link in fondo alla pagina, come al solito) “Attraverso l’articolo 6 del Disegno di legge sulla concorrenza (A.S. 2469, Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021) passa uno scontro tra due visioni del mondo: da un lato, la cultura egemonica che mira alla massimizzazione del profitto e che assume a proprio fondamento la competitività, ovvero, l’immagine dell’uomo imprenditore di se stesso, l’orizzonte autoreferenziale del neoliberismo che cerca sempre nuovi spazi da mercificare. Dall’altro, l’orizzonte che invece pone al centro la persona inserita in una rete di relazioni, la dignità, i diritti, la partecipazione. Un orizzonte, quest’ultimo, che ha la sua trascrizione giuridica nella Costituzione.

Questo intento è dichiarato, implicitamente, sin dall’esordio della delega e segna, come ho provato a dire con meno efficacia, un vero e proprio confine tra chi mette al centro “l’io” e chi pensa che “l’io” senza il “noi” sia quello che condurrà la specie umana all’estinzione, figuriamoci poi che differenza esiste quando, come nel caso di chi si rifà ai principi cardine dell’internazionalismo, il “noi” è esteso all’intero genere umano e non solo ad una comunità, sia pure ampia quanto una nazione.

Inoltre, bisogna chiarire cosa intende la Legge Delega per “tutela della concorrenza”.

I servizi di cui trattiamo vengono definiti “monopoli naturali” sono cioè servizi che, tipicamente, vengono erogati da un solo gestore per una comunità più o meno ampia.

Semplificando moltissimo, ancora una volta, questo è dovuto a caratteristiche intrinseche del servizio, ad esempio il fatto che la rete di distribuzione è una sola (di acquedotto se ne costruisce uno e così per la distribuzione dell’acqua nelle singole utenze) e a motivi economici (la costruzione delle reti e la loro manutenzione è un compito talmente improbo che necessita di economie di scala per contenere gli investimenti).

Esempio tipico, calzante anche per altri versi, e che non depone affatto bene per le sorti dei servizi, è quello delle autostrade: non è che io consumatore possa scegliere se per andare da Roma a Milano sia meglio utilizzare l’Autostrada del Sole o l’autostrada pinco pallino, ce n’è solo una e solo una può esserci, posso solo scegliere se usare l’Autostrada, le strade statali, l’aereo, il treno o i piedi. Ovviamente questi mezzi sono paragonabili solo per il punto di partenza e di arrivo, sono in concorrenza tra loro in misura assai limitata e spesso si rivolgono a utenze che non hanno esigenze comparabili.

Il problema si ripropone, aumentato, quando trattiamo di servizi come la fornitura di acqua potabile o la raccolta dei rifiuti urbani che sono svolte in regime di privativa. Particolarmente interessante è, ad esempio, il fatto che praticamente nessun cittadino può sottrarsi alla raccolta dei rifiuti urbani che prevede solo limitatissime esenzioni (praticamente solo per gli immobili non utilizzabili) e l’applicazione di un corrispettivo ubiquitario e dovuto da tutti (addirittura a prescindere dalla fruizione del servizio in alcuni casi).

Allora, visto che siamo in ambito di monopoli naturali in cosa si esplica la concorrenza?

La concorrenza cui si riferisce la delega sta nella scelta, da parte dell’autorità pubblica, di un concessionario o addirittura nella scelta della forma di gestione, tra diversi concorrenti ma, ripeto, non lascia al consumatore finale la scelta di uno o l’altro fornitore di servizi, a seconda delle esigenze del singolo e della migliore offerta che può trovare sul mercato.

La concorrenza che viene favorita da questo disegno di legge è quella tra gli operatori che parteciperanno alle gare di affidamento.

È evidente che i vantaggi dei cittadini da questo speciale regime di concorrenza saranno a dire poco mediati dalle esigenze, anche amministrative, delle stazioni appaltanti.

Sì, perché, con il nuovo regime risulterà estremamente difficile, se non impossibile, per gli Enti Locali, tipicamente responsabili di questi servizi, gestirli in economia (cioè da soli) o attraverso aziende controllate dagli stessi Comuni.

Infatti, la nuova norma prevede che, in caso l’Ente decida di utilizzare il modello dell’autoproduzione (cioè della gestione diretta o attraverso società controllate) debba motivare la sua scelta con una dettagliata relazione che dia conto delle ragioni che, sul piano economico, giustificano la scelta dell’autoproduzione, tale relazione deve poi essere sottoposta all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, e questo si dovrà tradurre in una modello di monitoraggio periodico.

Se, invece, l’Ente deciderà per l’affidamento ai privati, non sarà necessaria alcuna specifica motivazione, non sarà necessaria alcuna valutazione della convenienza del modello, alcuno studio di fattibilità o di pianificazione.

È ovvio quale sia il modello scelto come preferenziale da parte del legislatore.

È altrettanto evidente quale sarà la scelta che opereranno gli enti locali, quella di minor complessità dell’affidamento all’esterno.

Come vedremo a livello di consumatori questo non assicura necessariamente il miglior risultato né in termini economici né in termini di qualità del servizio.

Intervento della Prof.sa Alessandra Algostino al convegno del 10 febbraio 2022

Video

Trascrizione

Immagine in evidenza tratta da www.dinamopress.it (licenza CC BY-NC-ND 2.5 IT) del 02/02/2022

Di Roberto Del Fiacco

Libero professionista, consulente tributario, esperto nell'economia dei servizi comunali di raccolta rifiuti. Si illude di essere ancora iscritto al Partito Comunista Italiano e alla Federazione Giovanile Comunista Italiana (quelli veri). E' nato e morirà comunista

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